martedì 14 aprile 2009

TONARA. IL TORRONE NON CONOSCE LA PAROLA GRISI. di Nadia Cossu L'unione Sarda.


In migliaia invadono il paese. Apprezzate anche le sperimentazioni Pasta di limone, pasta di mirto. Miele millefiori, di corbezzolo e di castagno. Il torrone di Tonara non conosce crisi. Ogni anno, dal paese alle pendici del monte Muggianeddu, partono verso l’Italia, l’Europa e persino l’America, ben duemila quintali di torrone. Il segreto? «Miele e frutta secca selezionata, di altissima qualità». E’ questo che fa la differenza. «Ed è l’unica ricetta possibile» spiega Gianni Pili, il più “antico” torronaio di Tonara. «Siamo arrivati alla sesta generazione - spiega mentre offre ai turisti degli assaggi di mandorla e noce - i miei antenati hanno cominciato nel 1889, ossia 150 anni fa». E da allora le cose sono andate sempre bene.Nel giorno di Pasquetta l’appuntamento a Tonara, come vuole la tradizione, è con la sagra del torrone. Ieri c’erano migliaia di persone.Profumo di miele per strada e, da sottofondo, il suono dei campanacci. Decine di bancarelle, forse un centinaio, lungo le vie del suggestivo centro a cavallo tra la Barbagia di Belvì e del Mandrolisai. I cartelli “pubblicitari” tutti uguali: «Torrone di Tonara». A parte qualcuno che azzarda: «Qui vero torrone di Tonara». Un modo come un altro per convincere il passante a fermarsi. Come a dire: “diffidate dalle imitazioni”.«Qui il torrone è uguale un po’ dappertutto - spiega Pili -, la concorrenza c’è ed è bene che ci sia perchè ci stimola a trovare nuovi sbocchi e nuovi mercati». Nel frattempo ci si affida ai “modi” del passato. «Il torronaio chiama». Chiama il cliente indeciso che passa per strada, che si guarda intorno e non sa dove acquistare. A quel punto entra in gioco il timbro di voce. E la cortesia. «Si offre un assaggio. Non bisogna poi dimenticare - dice ancora Gianni Pili - che si va per conoscenza. Ognuno di noi ha la sua postazione nei diversi paesi della Sardegna. Si va alle feste, alle sagre che diventano appuntamenti fissi durante l’anno. E il cliente che ti conosce e apprezza il tuo prodotto ti rimane fedele».Oltre al torrone più classico, preparato ieri mattina in piazza dalle sapienti mani delle artigiane in costume, ci si inventa sempre qualcosa di nuovo. Strategie di mercato. Come la recente pasta di limone. «E quella di mirto - aggiunge ancora Gianni Pili -, insieme al miele di corbezzolo e castagno. Noi siamo stati i primi a sperimentarlo. E piace molto come gusto». Ma quale va per la maggiore? «La gente - risponde l’esperto torronaio - preferisce il torrone alle mandorle. E infatti copre il settanta per cento della nostra produzione».Un mercato in costante crescita. Tanto da far pensare che per il torrone di Tonara non arriverà mai il giorno della crisi. «Vendiamo davvero in tutto il mondo. Basti pensare che al mercato nazionale ed estero va il sessanta per cento della nostra produzione. Siamo nella grande e nella piccola distribuzione e, soprattutto, stiamo aprendo nuovi mercati - aggiunge a proposito Pili -. A breve concluderemo i lavori di realizzazione del nuovo stabilimento, 2600 metri quadri di coperto. Qui andranno a lavorarci almeno trenta persone».Tonara è davvero un luogo dalle mille suggestioni. Il bosco che circonda il paese regala uno scenario mozzafiato. L’unico boscaiolo rimasto si chiama Giampiero Poddie e il suo impegno per lo sviluppo e la rinascita di Tonara è davvero esemplare. Ma nel bel centro della Barbagia di Belvì ci sono anche alcuni dei più bravi artigiani del legno. Dal bosco alla bottega. E poi l’arte dei campanacci. Gli ultimi tre laboratori ancora esistenti sono qui. Una lunga storia di tradizioni. Che resistono nonostante lo spopolamento. La gente di Tonara non si arrende e il turismo, inevitabilmente, risponde.