sabato 19 dicembre 2009
Notizie storiche sulla chiesa di sant’Antonio a cura di Nino Mura
Segni di devozione per il santo e la sua chiesa
La devozione per il santo di Padova é documentata nei secoli passati nelle note testamentarie di molti nostri antenati.
Estevan Machis, rappresentato dal notaio Pietro Arca, dà disposizione per la celebrazione di tre messe piane da effettuare in onore del grande taumaturgo nel giorno della sua morte, avvenuta il 19 maggio del 1676.
Antonio Ortu Loddo, assistito dal notaio Tomaso Pipia di Sorgono, dispone che la metà del ricavato della vendita di un giogo di buoi sia destinato all'acquisto di un paramento per la statua del santo. Il decesso del testatore reca la data del 20 dicembre 1676.
La chiesa del santo é citata per la prima volta nell'atto di morte di Giovanni Pala, avvenuta in data 13 marzo 1746. Fra le varie disposizioni, curate dal notaio Anselmo Flores, figura un lascito di due pecore en benefiçio de la Iglesia.
I natali del nuovo luogo di culto sono ulteriormente definiti dal notaio Pietro Antioco Mura nel testamento facente capo al sacerdote Antonio Sedda Martini, deceduto in data 1 giugno 1746 e sepolto nella parrocchia di san Gabriele. In esso il testatore dispone che:
a) con il lascito di cinquanta scudi si provveda alla costruzione di una cappella da titolare alla vergine del Rosario nella nuova chiesa di sant'Antonio.
b) con i frutti della pensione di 150 scudi siano celebrate per due volte ogni settimana, nei giorni di lunedì e di mercoledì, delle messe votive nella chiesa citata.
Già dall’anno precedente Maria Grazia Musiu, deceduta il 5 maggio del 1745, aveva programmato la spesa di uno scudo per l’acquisto della campana quando se hiziere (quando si costruirà) in onore del glorioso San Antonio de Padua.
Una messa votiva per il santo é segnalata in data 21 marzo del 1747 nel certificato di morte di Sebastiano Cocco. A rappresentare le sue ultime volontà é il notaio Battista Manca Deiana.
Da alcune clausole testamentarie del sacerdote Pietro Antonio Deiana, redatte dal notaio Anselmo Floris e richiamate nell'atto di morte dell'otto gennaio 1748, risultano vari lasciti fra i quali, degni di essere menzionati, uno di cinquanta scudi a favore della parrocchia ed un altro di un solo scudo a beneficio della chiesa del santo.
Di singole messe per il santo patavino si fa cenno nei testamenti di Paula Flore, assistita dal notaio Pedro Francisco Flores, di Bachisio Sucu, e Giuseppe Tore, quest'ultimo rappresentato dal notaio Manuel Demurtas, deceduti rispettivamente il 19 novembre del 1757, il 26 gennaio 1770 ed il 27 novembre del 1775.
Dieci scudi in beneficio della chiesa vengono devoluti dal giovane diciassettenne don Giovanni Melis, di origini fonnesi, deceduto il 16 agosto 1776.
Per la morte di Maria Grazia Dearca, rappresentata dal notaio Pedro Manuel Dearca, sono da segnalare, oltre ad una messa per il santo, la generosa donazione di otto quintali (si tratta di quintali da quaranta chili; il sistema metrico decimale non é ancora in vigore) di carne bovina (bibula) e quattro starelli di grano da distribuire ai poveri nel giorno della sua morte, avvenuta il 13 dicembre 1780.
Juanna Mathias Coco, nubile ventenne, deceduta il 20 maggio del 1781, fra le varie messe indicate nel testamento, ne dedica una a sant'Antonio ed un'altra a s'Antonio Abbad, mentre, per l'anniversario della sua morte, dispone, con l'assistenza del notaio Manuel Dearca, che ai poveri dell'abitato vengano distribuiti dodici quintali di carne bubula e tre starelli di grano.
Le ultime volontà di Antonio Ignazio Cabras, deceduto il 25 dicembre del 1785, dispongono che l'usufruttuario del piccolo chiuso di Murasé, si faccia carico di far celebrare ogni anno, per il primo lunedì del mese di giugno, una messa parata con diciotto lumas nella chiesa di sant'Antonio. A raccogliere le sue ultime volontà é il notaio Francesco Giuseppe Mereu.
Nel testamento di Pietro Simone Murru, deceduto il 15 gennaio del 1792, rientra, fra le tante da celebrare, anche una messa in onore di sant'Antonio. Meritevole di essere segnalata la donazione ai poveri del paese di dies, y ocho quintales de carne bubula, y sinco estareles de trigo hecho a pan.
In data primo aprile dell'anno 1792, en la Iglesia del Glorioso San Antonio de Padua, si celebra il matrimonio del notaio Antonio Maria Tore con Antioca Demurtas.
Per la morte del notaio Giuseppe Mereu, avvenuta il 30 gennaio del 1793, le ultime volontà, raccolte da tre sacerdoti, fra i quali il rettore Porru, dispongono di un lascito particolare di tre scudi da impiegare en la fabrica dela iglesia de S(a)n Antonio de Padua. Forse si trattò di opere di rifinitura o di ristrutturazione.
Singole messe piane sono dedicate al santo dalla vedova Maria Rosa Mura, rogito notarile Pedro Admirable Corriga, da Sebastiana Cedde, rogito di Manuel Demurtas e da Pedro Orrù, rogito del notaio Raimondo Tore. I decessi riportano nell'ordine le date del 15 maggio 1794, del 16 agosto 1796 e del 6 luglio 1802.
Ancora messe votive semplici in onore del santo vengono segnalate nei testamenti redatti da Pedro Cedde, Luigi Tanda, Raimondo Tore e Manuel Demurtas per conto dei rispettivi assistiti Diego Dearca, deceduto il 28 gennaio del 1810, Maria Cedde (14 febbraio 1813), Domenico Orrù (22 ottobre 1813) e Basilio Albis Figus (5 marzo 1816). Nel secondo punto del codicillo allegato al testamento di Diego Dearca si evidenzia un lascito di cinque scudi en beneficio de la Iglesia de San Antonio de Padua mentre in una clausola testamentaria riguardante Basilio Albis si dispone, a favore della chiesa, la cessione del terreno sito in regione denominata Minda de Mela.
Particolare significato assume il certificato di morte della Signora Vincenza Dearca, vedova dello scrivano Antonio Efisio Cabras, deceduta il 3 ottobre 1816 e sepolta nella chiesa di sant'Antonio. La partecipazione alle esequie fu onorata dalla presenza di sei sacerdoti (due terni), della croce parrocchiale e della confraternita di santa Croce (por ser Cofradessa). Non fece testamento.
Francesca Pala, maritata Patta, vedova di 70 anni del rione di Arasulé, contrada denominata s'Arcu (l'attuale Istraccu), dispone che, all'atto della sua morte, avvenuta il 27 ottobre 1818, sia ceduto alla chiesa più volte citata un piccolo appezzamento sito in regione sa Tzia Clara (pressi dell'attuale ostello della Gioventù). E' depositario delle sue ultime volontà il notaio Giuseppe Porru.
Per la morte di Bartolomeo Cuccuru, avvenuta il 17 novembre 1818, rogito notarile Manuel Demurtas, é segnalato a favore della chiesa del Glorioso Santo il lascito di un terreno sito in Bizzialù. Pur non essendo un confratello ebbe comunque l'onore dell'accompagnamento di due terni, della confraternita di santa Croce e della croce parrocchiale.
Cosimo Carneri, assistito dal notaio Raimondo Tore, un cugino di Monsignor Tore, dispone che con parte del ricavato della vendita del suo gregge, si celebri una messa semplice in onore del santo. Il certificato di morte riporta la data dell'11 dicembre del 1822.
Dalla relazione di Michele Zucca, vice rettore della parrocchia tonarese nell'anno 1825, intorno allo stato dei cimiteri e delle chiese nel terzo decennio dell'Ottocento, abbiamo un quadro preciso e dettagliato dei vari luoghi di culto. La chiesa é foranea, ma contigua al Rione (Arasulè), ed é propriamente detta di Sant. Ant(oni)o situata in una pianura non meno distante dall'estremità di detto Rione venti minuti: questa chiesa non viene frequentata dagli abitanti di Tonara in altro tempo, solamente dal primo giorno del mese di Giugno fin al tredici di detto mese nei quali giorni concorrono gli abitanti per farvi il novenario ed il giorno tredici si celebra la festa in onore del Santo e vi concorrono anche molti forestieri; questa chiesa ha annesso un cortile malamente fabbricato di non mediocre estenzione, contiguo al cortile possiede un terreno aperto di qualche estenzione.
Simone Zucca, (Zuca nel certificato di morte dell'11 dicembre del 1827), dispone nel rogito notarile del notaio Demurtas, che al Glorioso San Ant(oni)o de Padua, o sea Iglesia de esta Villa siano offerti dies obejas de mardiedu, o dies escudos en denero secondo il libero arbitrio della curatrice Giovanna Zucca, sua sorella.
Della cessione di un credito di cinque scudi, vantato nei confronti degli eredi del fu Giuseppe Zucca, si fa portavoce, con l'assistenza del rappresentante legale Emanuele Demurtas di Arasulé, la signora Giuseppa Dearca, moglie del notaio Gabriele Garau di Toneri. Nel certificato di morte della testatrice é segnata la data del 18 agosto 1829.
Una messa piana in onore del santo é segnalata, in data 22 settembre 1832, nell'atto di morte di Paola Tocori, una vedova di 80 anni del rione di Ilalà e quivi sepolta all'interno della chiesa di san Sebastiano. La stesura del testamento venne affidata al notaio Salvatore Tore, un figlio d'arte del noto Antonio Maria.
Nell'articolo numero 10 del testamento redatto dal notaio Giambattista Porru di Tiana in nome e per conto di Mauro Dessì Cabras, deceduto il sei di gennaio del 1836, viene messo a disposizione della chiesa del santo un piccolo terreno agricolo sito nella regione denominata Tonnai.
In data 22 giugno del 1836 la piccola chiesa di sant'Antonio accoglie le spoglie mortali del notaio Antonio Maria Tore.
Le ultime volontà di Monserrata Mura Pinna del rione di Ilalà, deceduta all'età di 95 anni il 14 aprile del 1845 e seppellita nel cimitero rurale di san Sebastiano, dispongono due messe piane in onore di sant'Antonio, due di san Sebastiano, due alle anime del purgatorio e due dell'angelo custode. Così dalle note testamentarie redatte dal notaio Michele Zucca del rione di Toneri.
L'abate Vittorio Angius, non manca di segnalare, nel resoconto della sua visita effettuata a Tonara nell'anno 1846, che la chiesa di sant'Antonio fa parte di uno dei due luoghi di culto del rione di Arasulè. Tanto ai festeggiamenti religiosi quanto a quelli civili, che ricorrono il 13 giugno ed il 14 giugno, vi concorre gran quantità di gente dai paesi vicini e la piazza della chiesa prende l'aspetto d'un mercato. Dopo i vespri della festa si corre il palio, ma bisogna dire che i premi sno meschini consistendo essi in alcune decine di palmi di velluto nero o azzurro.
L'aspetto fieristico sul sagrato della chiesa é rimarcato anche nelle deliberazioni consiliari del comune di Tonara del 1894, anno in cui si delibera di assoggettare i venditori ambulanti al pagamento del dazio.
A partire dal 1925, secondo la testimonianza rilasciata in una intervista degli anni sessanta da Giovanni Antioco Carta, la fiera mercato cade in disuso. Buona l'affluenza di rivenditori forestieri. Oggetto di contrattazione gli articoli in rame, ferro, ferro smalto, latta, pelle e cuoio. Si potevano contare nel piazzale antistante la chiesa sino a cinque o sei carretti di carne e frutta fresca.
Ai festeggiamenti religiosi di gennaio in onore al santo dedica abbondante spazio in Mare e Sardegna lo scrittore David Herbert Lawrence. E' l'anno 1921. Dalla traduzione dall'inglese di Luciano Marrocu apprendiamo che le donne sono inginocchiate sul nudo pavimento di pietra della piccola chiesa grigia abbandonata sull'orlo della vetta dell'altopiano. In un altro passaggio si parla della bellissima processione in costume. Gli aggettivi sono distribuiti con molta eleganza descrittiva nel resoconto della celebre penna d'oltre Manica. Di solito, precisa l'autore, il livello della vita é ritenuto essere al livello del mare. Ma qui, nel cuore della Sardegna il livello della vita é alto sull'altopiano illuminato d'oro, e il livello del mare é da qualche parte, lontano, giù, nel buio, non ha importanza. Il livello della vita é in alto, alto e addolcito dal sole e tra le rocce.
Oggi, soprattutto in occasione dei grandi appuntamenti isolani di Pasquetta e di Autunno in Barbagia, con le mostre del torrone e dei campanacci, le centinaia di espositori commerciali disseminate sino al limite nel nuovo rione sull'altopiano sembrano concedere poca libertà di movimento ai fedeli lungo i camminamenti in direzione della chiesa. All’interno di essa c'è sempre e comunque tanto spazio a disposizione per i veri credenti.
Tumulazioni all’interno della chiesa di Sant’Antonio nel 1816
Per la tumulazione dei cadaveri raramente si fa ricorso all’utilizzo della chiesetta di Sant’Antonio. Il 1816, per il numero delle sepolture eseguite, rappresenta un anno eccezionale.
Qui di seguito i nominativi di quanti hanno trovato sepoltura negli interni del tempio:
1) Maria Anna Peddes, vedova di Giovanni Maria Mereu, muore il 16 agosto del 1816. Se acompañò su cadaver con dos ternos, la Cruz paroquial, y la Cofradia de Santa Cruz, por ser Cofradessa. (1)
2) Anna Maria Mereu, di anni 60 e moglie del flebotomo Giuseppe Cristoforo Cabras, muore il 16 agosto del 1816. (2)
3) Sebastiana Orrù, muore il 19 agosto del 1816. (3)
4) Maria Grazia Dearca, di anni 80, muore il 28 agosto 1816. (4)
5) Giuseppe Porru, celibe di anni 60, di professione notaio, muore il 25 settembre del 1816. (5)
6) Sebastiana Piras, di anni 22, muore il 25 settembre del 1816. (6)
7) Rosa Deligia, vedova di Francesco Patta, con domicilio in Arasulè, muore il 27 settembre del 1816. (7)
8) Vincenza Dearca, di anni 70, di Arasulè, muore il 3 ottobre del 1816. (8)
9) Giovanni Carboni, marito di Francesca Patta, di anni 50, muore il 5 ottobre del 1816. Non fece testamento. Nonostante non fosse confratello ebbe l’onore di essere accompagnato all’ultima dimora da tre sacerdoti, dalla Confraternita di Santa Croce e dalla Croce parrocchiale. (9)
10) Anna Pisanu, di anni 68, vedova di Luigi Mura, muore il 9 di ottobre del 1816. (10)
11) Francesca Pala del rione di Arasulè, di anni 40, moglie di Giovanni Antonio Pruneddu, muore il 10 ottobre del 1816 (11)
12) Giuseppa Rosa Mura, di anni 43, vedova di Pietro Todde, muore il 27 di ottobre del 1816. (12)
Note:
(1) Nel 1811, Maria Anna Peddes, vedova di 60 anni, abita in Arasulè con la figlia Maddalena, maritata con Antonio Orrù. Di questo nucleo familiare fa parte anche Giovanni Desotgiu, un collaboratore domestico di anni 16. Nella dimora successiva, al numero 257, risultano domiciliati Sebastiano e Rosa Todde, nonni del poeta Peppino Mereu.
(2) Al nucleo familiare di Arasulè dei coniugi Mereu-Cabras è attribuito nel 1811 il numero 258. Sempre alla stessa famiglia viene assegnato nel 1798 il numero 65. Anche in detto anno non viene censito alcun figlio. E’ presente Mauro Zucca, un collaboratore domestico di anni 20.
(3) Nel 1811, Sebastiana Orrù, di anni 55 e vedova di Giuseppe Carboni, vive in Arasulè con i figli Mauro Antonio, Giovanni, Pasquale e Cosimo Carboni rispettivamente di 25, 18, 14 e 12 anni. Della collaboratrice domestica presente in detto nucleo siamo in grado di fornire solamente il nome: Maria Grazia, una giovane di 22 anni.
(4) Nel censimento del 1811 abbiamo due casi di omonimia, legati entrambi dal lutto vedovile: uno in Arasulè ed uno in Teliseri. Si tratta in ogni modo della Maria Grazia del rione superiore. Nella dimora di quest’ultima vi abitano i nipoti Caterina e Giovanni Patta di 16 e 12 anni. Nelle sue ultime volontà, ufficializzate dal notaio Emanuele Demurtas il sei luglio del 1816, la testatrice dispone che siano distribuiti ai poveri, a discrezione della curatrice Teresa Cabras (sua sorella), pan, trigo, y otras cosas comestibles, per un importo pari a quindici scudi. Il suo asse ereditario va ripartito tra i nipoti Caterina e Pietro Patta, figli di Giuseppa, una sorella defunta.
(5) Giuseppe Porru, di anni 50 secondo le indicazioni dei compilatori del 1811, dimora in Arasulè. Nella sua abitazione è presente Francesca Succu, un’assistente domestica di 40 anni.
(6) Gli estremi anagrafici di Sebastiana Piras Carta, altro caso di omonimia, sono presenti in Arasulè nel 1811 sia al numero 234 e sia al numero 327. Nel primo caso Sebastiana ha 13 anni ed abita con i fratelli Stefania, Giovanni, Raimonda e Maria, di 16, 9, 6 e 2 anni, e con i genitori Pietro Piras e Maria Carta mentre nel secondo caso Sebastiana ha 20 anni e vive con i fratelli Giuseppe ed Antioco di 23 e 12 anni e con i genitori Gioacchino Piras e Grazia Carta. La segnalazione del nome paterno Joachin certificata nell’atto di morte elimina ogni dubbio sull’identità della defunta.
(7) Alla famiglia della vedova Rosa Deligia, di anni sessanta, è assegnato, dai compilatori del censimento del 1811, il numero 300. Coabitano nella sua abitazione di Arasulè i nipoti Giuseppe, Antonio e Tomasa di 11, 8 e 6 anni. Non è stato possibile decifrare il loro cognome.
(8) Di Vincenza Dearca abbiamo già riferito nel Volume secondo di queste Memorie tonaresi.
(9) Nella famiglia di Giovanni Carboni, contrassegnata in Arasulè dal numero 299, sono presenti nell’anno 1811 la moglie Francesca Patta ed i figli Francesco e Michele di 12 e 4 anni. E’ censito con la denominazione di antenado anche il figliastro Antonio Tore di 14 anni.
(10) Della famiglia di Anna Pisanu, contrassegnata nel rione di Toneri dal numero 1, fanno parte nel 1811 il marito Luigi Mura ed i figli Antioco, Rita e Maria Geltrude rispettivamente di 27, 24 e 23 anni. Nel 1798 sono presenti anche i figli Gabriele e Raffaele.
(11) Nella famiglia di Francesca Pala sono presenti in Arasulè, nel censimento del 1811, il marito Giovanni Antonio Pruneddu ed i figli Marianna, Antioco, Luigi e Giovanna di 14, 10, 6, e 2 anni. Giovanni Zucca Pulis, di anni trenta, funge da collaboratore domestico. Al nucleo familiare è attribuito il numero 292.
Nelle dimore successive sono registrate diverse famiglie Pruneddu fra le quali segnaliamo quella di Pietro con la moglie Anna Tore, sorella dell’illustre prelato, ed i figli Giovanna (Giuannedda), Antonio (Antoneddu) e Giovanni (Giuannicu) rispettivamente di 8, 4 e 2 anni. I domestici sono Giovanni Urru di 20 e Maria Carta di 22. Cercheremo di essere più esaustivi con la pubblicazione del lavoro su Monsignor Tore, il credo, gli affetti, le amicizie.
(12) Giuseppa Rosa Mura e la figlia Rosa Todde sono le uniche censite nell’abitazione di Arasulè. Nel 1811, le rispettive età sono di 48 e di 17 anni. Il numero assegnato al nucleo familiare è il 34. Nel 1978, oltre ai coniugi Pietro Todde e Giuseppa Rosa Mura sono presenti i figli Giovanni, Rosa, Giovanni Antonio e Maria Angela di 14, 5, 2 ed un anno. Il numero stabilito dai compilatori è il 136.
CASULA STEMMA E BLASONE- DOSSIER ARALDICO
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