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domenica 25 maggio 2025

GHENULU - di Benigno Casula - tratta dal libro "Arregodos de sa gherra de Russia e de sa vida"


 
GHENULU
dae Benigno Casula


 Send’in campagna collende,
 a s’ora fiat prenu de malinconia 
 unu puzoneddu a su brinch’e bola,
 s’avicinat pro sa cumpagnia. 

 Fiat cuntentu e faghiat de ispola
 cirulende pare chi narrere mi cheriat, 
 comente ses bènnidu a sa sola,
 su bicu si frigaiat e brincaiat

 A mie cuntentu faghiat mirada
 dae unu a s’ ramu in abbandonu,
 a male non pensaiat s’iscuru,

 pariat narrere sa campagna  est desolada
 galu benis tue òmine bonu
 ispero chi torres crasa puru.

mercoledì 26 agosto 2020

PEPPINO MEREU E I “SUOI FRATELLI”: LA VALENZA STORICO ANTROPOLOGICA DELLA POESIA TONARESE DI GRAZIANO ANTONIO MANCA -TOTTUS IN PARI

Tra Sorgono e Tiana, subito dopo il valico di S’isca e’sa mela (posto incantato ideale per i miei déjeuner sur l’herbe di ragazzino) si trova la svolta per Tonara, villaggio montano tra i più caratteristici e attraenti del centro Sardegna. Conosco i paesaggi profondamente suggestivi e le campagne lussureggianti del paese e mi capita spesso di ripensare ad essi quando rileggo le poesie di Peppino Mereu. Non che Mereu sia stato l’unico a esercitare il proprio straordinario estro poetico parlando di questi luoghi. Mereu non ha rappresentato, per i paesi che si trovano ai piedi del Gennargentu, una eccezione poetico letteraria: non dimentichiamo che il territorio della Barbagia Mandrolisai ha espresso altre grandi personalità della cultura poetica isolana come Antioco Casula, alias Montanaru, che era di Desulo, e il leggendario bandito poeta Bachis Sulis, che era di Aritzo. Desulo e Aritzo si trovano entrambi a un tiro di schioppo da Tonara. Tuttavia è Tonara ad aver espresso la non comune personalità di Peppino Mereu, a mio avviso il più grande dei poeti in lingua sarda di tutti i tempi, mentre per altri versi, nel corso degli anni, ha saputo manifestare, con i suoi numerosi cantori, una particolarissima predilezione per il verseggiare in limba, espressione artistica che non è azzardato, oggi, definire fuori moda. La poesia sarda, oggi più che mai, non è per tutti. Viceversa, si ha l’impressione che nell’odierna tale forma d’arte trovi la sua ottimale collocazione all’interno di fasce di predilezione che in linea di massima afferiscono non certo alle preferenze culturali dei giovani ma a quelle di persone molto avanti con gli anni, o comunque di una certa età, che sarebbero dunque le sole ad apprezzarne modalità e contenuti perché culturalmente e/o sentimentalmente più vicine alla tradizione non solo poetica “dei padri”. Ciò avviene nello stesso momento in cui continua a registrarsi, da parte delle ultime generazioni – soprattutto, viene da pensare, di quelle che vivono nei contesti urbani – un non trascurabile disinteresse per tutto ciò che ha a che fare con la lingua sarda parlata e scritta. Fin qui niente di nuovo, sembra, mentre anche il dibattito sull’attuazione del bilinguismo perfetto in Sardegna appare quanto meno stagnante o inconcludente sul fronte dei risultati concreti. Ennesimo deleterio effetto delle dinamiche globali che determinano gli interessi culturali dei giovani isolani (che poco hanno a che fare con la lingua sarda), si dirà. Eppure la scaturigine dell’immaginazione poetica dell’uomo sardo (homo poeticus, come quello tonarese, per eccellenza) risiede in qualcosa che interessa tutti, giovani e meno giovani, e particolarmente nella più profonda dimestichezza del sardo stesso con la natura circostante, con il ricordo della vita rustica condotta dagli avi e quindi con il mettere a nudo le proprie radici culturali, il desiderio di osservare e, in ultima analisi, il desiderio di descrivere le cose semplici di tutti i giorni che ognuno di noi sperimenta o vorrebbe, anche in questi tempi cambiati, continuare a sperimentare quotidianamente. Non a caso gli argomenti che generalmente contraddistinguono, in tutta la Sardegna, il poetare in limba, sono l’amore sconfinato per la propria terra, il lavoro nei campi, le bellezze e le ricchezze naturali del paese natio, la nostalgia per i tempi andati, l’amicizia e i sentimenti in tutte le loro possibili forme, l’amore, la morte. I temi del poetare possono altresì essere legati al contingente e riferire avvenimenti storici più o meno lontani nel tempo oppure raccontare episodi autobiografici e di vita paesana accaduti nel recente oppure nel passato più lontano, vicende divenute ormai leggendarie, e così via. Le poesie scritte dai nostri poeti sono spesso contraddistinte da una straordinaria semplicità di struttura e di linguaggio. In esse, tuttavia, non sono certo assenti raffinatezze linguistiche e, sul fronte delle tematiche trattate, i temi dell’impegno civile o politico e quelli che di volta in volta vengono dettati al poeta dalla propria coscienza universale o locale. Queste osservazioni preliminari valgano a introdurre tutti gli appassionati di poesia sarda alla poesia tonarese. Quella del paese montagnino è lirica che nel corso del tempo ha espresso nomi come quelli di Nino Demurtas (1933-2004), Giovanni Mameli (1891-1978), Gesuino Peddes (1926-2016), Sidore Poddie (1915-1962), Peppantoni Sau (1921-1983) e ancora Pera Sulis, Antonietta Zedde e Raffaele Casula, oltre, naturalmente, a quello di Peppino Mereu (1872-1901). Tonara, insomma, è comunità dove la poesia rappresenta una delle cose di cui non è possibile fare a meno e scorre come l’acqua, lievita come il pane, è pura e rarefatta come l’aria che è possibile respirare tra i boschi del paese. Si potrebbe ricavare, dalla lettura dei suoi poeti, una vera e propria antropologia. Uno dei poeti che si sono appena citati, Nino Demurtas, ha espresso bene l’attitudine poetica dei suoi compaesani: “Soe cuntentu chi sos tonaresos/sian tottus poetas de talentu;/bos giuro, de abberu so cuntentu/ca bos isco a sos versos bene avesos.//Chie connoschet misuras e pesos/ponet sos versos bonos in fermentu/e nde cantat, nde cantat, nde cantat pius de chentu/versos garbados ma’ in vid’intesos.//Su poetare est cosa chi sa natura/at chelfidu donare in zusta parte/a sos naschidos in terra ‘e Tonara.//Custa est cosa bella, cosa rara/ca isfiorat cudda chi est arte,/chi pro sos tonaresos est pastura.// Tra i poeti di Tonara non abbiamo riscontrato uniformità nel linguaggio dialettale utilizzato. Essi, in via generale (e talvolta, forse, in modo non del tutto rigoroso ma piuttosto rispettando la lingua parlata in paese quotidianamente), si servono del tonarese, del nuorese e di una variante dialettale che rimanda al logudorese. Per quanto attiene alle tematiche affrontate dai tonaresi: agli argomenti che generalmente formano l’oggetto della poesia sarda si è già fatto riferimento; più nello specifico, la poesia del paese del Mandrolisai, pur aderendo ai canoni e alle tematiche universalmente osservate dagli aedi sardi, si caratterizza per la peculiare enfasi con la quale vengono trattati argomenti che celebrano la grande bellezza e le tante ricchezze del villaggio e altri che attengono all’ambiente naturale ad esso circostante, allo scorrere del tempo e all’alternarsi delle stagioni, alle vicende sociali della comunità, alla vita nelle campagne, ai mestieri tradizionali che si svolgono a Tonara. Il poetare tonarese, poi, appare imbevuto di intensi sentimenti amorosi (per esempio, per la persona amata) e di profonda religiosità. Particolarmente numerose appaiono le composizioni dedicate ad amici, genitori, figli e parenti, a personaggi della cultura di particolare distinzione (innumerevoli, per esempio, le poesie dedicate al vate tonarese e sardo per eccellenza, Peppino Mereu). All’interno del microcosmo poetico letterario di Tonara, per altri versi, non mancano le opere dedicate ad argomenti di più stringente attualità (quelli che sono tali rispetto al contesto storico in cui il poeta si trova a scrivere): emozionanti vicende di guerra, le condizioni dell’emigrato, l’attentato al Papa, e così via, sono tra gli argomenti oggetto delle poesie degli autori esaminati. Eccoli, dunque, i nostri poeti; di ciascuno di essi proponiamo alcuni versi significativi. Raffaele Casula “Adiosu civiltade”: Tot’est isfasciadu/De totu su civile movimentu/ch’esistiat in brazzos de sa zente/e faghiat brincare su criadu/de cuntentesa, pro s’accisu/chi daiat cuss’opera superba,/oe pagu b’hat restadu.//Solu rizzolos/chi non rattan ne alvures ne crastos/murmuran senza briu/in sa foresta de sa civiltade.//Sas fontana perennes cun sos rios/chi sulcain s’umanu desertu/e s’abba trazaian fin’a mare/han lassadu s’ammentu in sa delusione pius pura/chi turmentat sos omines de oe.// Casula canta accoratamente il tempo cambiato incomprensibile e senza attrattive e il sentimento di rimpianto per i tempi andati. La sua opera è spesso permeata dal ricordo e da un pessimismo che sembra trovare lenimento solo attraverso la rievocazione di un passato e di una giovinezza trascorse con serenità. Una umanità ripiegata su se stessa, la devastazione dei costumi, il venir meno dell’amore e della pace che riescono a incrinare il rapporto tra l’uomo e la natura stanno alla base di molti dei suoi versi. Nino Demurtas Da: “Corpu ‘e balla”: […] Unu ribigheddu e sambene/s’hat fattu caminu/in sa terra sanghinada/finas a s’istradone./Mama, fizos, babbos/si hazes galu lacrimas/pranghie sa morte/de un’ateru frade./Diaulos de omines che angelo/a mente fritta/ no hazes/a cambiare mai./[…] Sa zente est pessande/a su chi hat a morrere cras/pro su mortu de oje.[…]// Vendetta, lavoro, sradicamento vissuto con l’emigrazione, ricordi di infanzia e di giovinezza, la poetica di Demurtas, avvolta nelle raffinatezze del suo linguaggio poetico, ha saputo accogliere suggestioni diverse. Essa appare il più delle volte supportata da quella serenità di fondo tipica non solo di molte persone avanti con gli anni, ma, in genere, anche di coloro che vivono guidati dai sani principi morali che hanno appreso dai propri avi e che si sentono ricchi per aver affrontato positivamente le esperienze, talvolta dure ma sicuramente tempranti, presentatesi ad essi nei vari periodi della loro esistenza. Giovanni Mameli Dal canto in ottave: “Pro Peppinu Mereu”: Pro cantare no apo forte bratzu/saludo solamente afetuosu, sento chi so frundidu che un’istratzu/dae nanti torrente impetuosu./E cando canto servo de imbaratzu/so a sos iscurtantes noiosu,/prite meritos no apo de atendere/mancu sa boghe mia pot’intendere.//Proit’ap’a cantare in poesia?/Tantu pro tantu non n’agat’in gradu;/non soe mancu su tantu chi fia/oe m’agato demoralizzadu,/e vivo solu sentza cumpagnia/ca so de ogni frade abbandonadu;/passo sa vida mia noiosa/che cando morta m’esseret isposa.//[…] Leggendario frequentatore sia dell’oralità che della poesia scritta “a taulinu”, Giovanni Mameli è stato tra i più prolifici poeti tonaresi, anche se la sua opera ci è giunta solo in parte. Conciatore di pelli, barbiere, poeta autodidatta, la parabola artistica di “Mameleddu” è un crescendo fino ai primi anni Sessanta: in occasione delle gare si affianca a cantori di grande valore come Cucca, Tuconi, Moretti, Sotgiu, Mura e Demuru di Meana Sardo. Numerosi gli aneddoti che ne mettono in luce la bonomia e la modestia. Racconta Giovanna Devigus che “Una orta at passadu unu poberu, cun d’una bertula, at bussau, issu s’est incarau e d’at nau: “Tiu Mameli” e issu “ite oles”, “calecunu soddu”. Tiu Mameli tanno di pedidi “una bertul’in prusu portaisi?”, e su poberu: “e poite?”. Ca annaus a pedire parisi”, arresponne Tiu Mameli!” Gesuino Peddes Dal poema in ottave di: “Nanna ninna fracula e brasa dae sa linna de pizzirimasa” : […]Est torrada sa libertade bella:/sa chi de tottus fiat disigiada;/libera est torrada in is carrellas,/a s’intennere torra serenada;/e non poneus prusu sentinella,/timenno a sa ronda, infuriada,/ca chi agattànta gente, me in giru,/ddos faianta ponnere in ritiru…[…]// Riporta Gesuino Peddes, carrettoneri e turronarzu tonarese ma anche poeta sopraffino particolarmente esperto della peculiare forma artistica del canto “a mutos” – che è insieme poetica e canora – che in passato raramente si passava una domenica senza che si rimanesse ore e ore a cantare al bar o nelle feste del paese o in quelle dei paesi del circondario. Peddes, nel suo genere, è stato in questa zona della Sardegna uno dei maestri incontrastati. Ha scritto “Mutos” e “Tertzinas”, “Anninnias” e “Cantos po pippios”; soprattutto è autore di un lungo poema scritto in tonarese “fiorito”, dedicato alla donna amata. Sidore Poddie “Adiosu a sa Catalogna”: Dae su mare finas a s’artura/est un’incantu custa Catalogna/est tottu bella e-i su coro sogna(t)/a bi restare in mesu a sa bellura.//S’apo fortuna e non b’at iscarogna/de ti torrare a bier pogno cura/e in custa incarnada zona pura/t’apo po totu vida santa mogna.//Da Barcellona fines a sa Frantza/totu sa costa cun donnia tretu/s’incantu sa persone paralizat,//nessun’atera bella t’assimizat/e custu coro postu t’at afetu/chi pro eternu nde restat sa mantza.// Poeta praticamente autodidatta (interrompe prestissimo gli studi elementari), fanciullezza divisa tra il lavoro nelle campagne e gli impegni del mestiere di segantino, congedo dal servizio militare a 21 anni: poche coordinate varrebbero a definire l’esistenza terrena apparentemente comune di Sidore Poddie (scompare prematuramente a 47 anni nel 1962). Tuttavia, alla apparente aridità dei dati biografici appena forniti occorre aggiungere che alcuni mesi dopo essere stato congedato, nel 1936, egli viene chiamato a combattere in Spagna. L’esperienza si rivelerà fondamentale e influenzerà non solo i suoi anni a venire ma anche la sua poetica. Testimonianza di ciò, quel gruppo di splendide composizioni che raccontano diversi aspetti (il sentimento nostalgico per la terra natia, la recisa condanna della guerra, il grande affetto provato dal poeta per le genti iberiche) del tempo trascorso in Spagna. Peppantoni Sau Da: “S’Umanidade”: O mundu ingratu prite ses asie,/ in parte traitore e assassinu,/ pro viver malamente notte e die,// pro no leare su bonu camminu/ su male has preferidu pro pandera,/ semenende de velenu su terrinu.// Infettende sun fintzas in s’aera/ chin sos ordignos prus micidiales/ distruidores de sa ratza vera.// Lea su bene, abbandona su male,/ prite a su nessi nde podes godire/ un’istima sincera fraternale.// Pro cantu in mundu si podet vivire/ est menzus a vivire santamente/ solu gai finimus su suffrire.// […] Torronaio itinerante, mestiere tipicamente tonarese, e poeta sublime: era questo Peppantoni Sau, autore di mutos, terzine, quartine e sonetti. Fece esperienze di guerra e di emigrazione che ne forgiarono personalità e arte. Interessanti le sfumature, per cosi dire “politiche”, di alcune delle sue composizioni (SARDOS ARDIDOS, SARDIGNA MIA, DISUNIDOS, e anche altre tratte dalla raccolta “Poesias”, edita nel 2017): in esse, da una parte il poeta punta il dito contro la disunità dei sardi, mantenuti “a sedda e a frenu” dai padroni, trattati peggio che gli animali da “sos istranzos” e divisi in tanti partiti; dall’altra esorta gli stessi sardi a liberarsi pacificamente da chi amministra la Sardegna. Un forte sentimento religioso promana da molte delle composizioni del poeta. Pera Sulis “Disoccupadu” : Est benzende s’ierru a passos mannos,/sa punta ‘e s’altu monte est già niada…!/comente has a passare s’ierrada/poberu, senza pane e senza pannos!//Ses in mesu de penas e affannos/senza tenner manc’una zorronada;/muzere tua est trista e desolada/ sos fizos allevende in duros annos.//Pensamentosu cun sa fronte oscura/cando in carrera benis a passare/mustras totu su coro in amargura…//Non pedis e non pensas a furare,/chircas solu tribagliu in sorte dura/ma… s’ierru comente has a passare.// “Su pastore de Barbagia” : Accapotadu e a mazzocca in manu/ e in coro pienu de amarguras;/lassas cun su masone sas alturas/ cand’est pro ‘enner s’ierru tiranu.//Su ‘etzu, in domo e su chi est pagu sanu/ lassas cun sa muzere e criaturas/ e pane e penas a issos procuras,/ senza cunfortos, in su Campidanu.//Cando intendes anzones beulare/ t’hat a parrer de intender su lamentu/ de fizos tuos a tie giamare.//E in nottes d’astrau, abba e bentu/ a sos tuos de certu has a pensare/credendelos che tue in patimentu.// Angelo Dettori cantò così la grande perdita subita da Tonara con la scomparsa di Pera Sulis: “Tonara ses in luttu. Su cantore ch’haias istimadu sende reu,/s’ammiradore ‘e Peppinu Mereu/ com’est transidu a monte pius altu, inue sos poetas han risaltu/in eternu doradu risplendore.// Pera (Pietro) Sulis fu in vita abile artigiano costruttore di campanacci. Un mestiere prezioso, il suo, per un paese votato alla pastorizia come la sua Tonara. Fu anche poeta tra i più grandi, dato che l’eco dei suoi versi ha dilagato per tutta la Sardegna. I suoi versi, scritti utilizzando un logudorese raffinato e il dialetto nuorese, si susseguono assecondando rime e ritmi perfetti disegnando, come di essi ebbe a scrivere Peppantoni Sau, quadri di ogni genere, di amore, di pena, di tristezza, di sentimenti che tormentano l’animo della gente. Raccontano si dell’interazione tra l’uomo e la natura e d’amore, i versi di Sulis, ma certo, nella sua poetica, non mancano i riferimenti alla morte, lo sguardo alla vita del pastore e agli argomenti di carattere intimistico ed esistenziale. Peppino Mereu fu per Sulis tra i più saldi punti di riferimento stilistici e le sue opere sono spesso permeate di malinconia. Antonietta Zedde Da: “Sa die ‘e su matrimoniu”: A tie caru tesoro/fin’a morte t’hap’amare/ca mi nd’has fattu padrona/custu megnanu in sa missa,/ e in sa nostra cresia/happo fattu giuramentu/de t’amare fedelmente./Chi siat su nostru amore/senza manza, senza neu/cun s’anima casta e pura/candida e immaculada/prena de felicidade.//[…] Da: “Intrigos de Comune”: […]Tonara, troppu tardu s’est accorta/in s’eligire, zertos conchi cruos:/ch’aumentan sos pagamentos suos/e ne finin pro finas calch’iscorta.[…]// Antonietta Zedde è la poetessa del sentimento amoroso, di un intenso sentire religioso, delle cose comuni dell’attualità paesana, dei fatti di cronaca che scuotono la nazione italiana (“Attentadu a Paulu II”), delle numerose dediche di versi a parenti, amici e amiche, autorità ecclesiastiche e a personaggi importanti della cultura. L’utilizzo della variante dialettale che è tipica della sua gente, l’impiego di parole e immagini semplici che vanno dritte alla sostanza dei fatti riferiti, una vena poetica che predilige l’uso della satira e di un certo umorismo figurano tra le caratteristiche della sua indole artistica. La disamina dei poeti si conclude con il più sublime di tutti i cantori isolani, Peppino Mereu, aedo supremo e visionario non solo per Tonara ma, per aver egli nobilitato l’arte poetica in lingua sarda, per tutte le genti di Sardegna. Al fine di inquadrare nella giusta dimensione la poesia di Mereu diremo subito che pur non andando molto oltre i particolarismi letterari e le specificità formali che sono proprie dell’espressione poetica dialettale sarda, l’opera del tonarese andrebbe apprezzata per i suoi contenuti universali ancora validissimi (essi, peraltro, ricalcano alcuni lineamenti della storia della nostra isola nel periodo in cui egli scrisse) e non soltanto per la capacità intrinseca delle composizioni poetiche di rappresentare gli aspetti sociali ed economici della Sardegna e della Barbagia del tempo in cui furono scritte. Peppino Mereu era particolarmente legato a Tonara. Il suo rapporto con il paese era viscerale e simbiotico, espressione di un amore totalizzante per i luoghi e le ricchezze naturali di cui è dotato il piccolo centro montano. In una delle sue poesie più conosciute, quella, appunto, intitolata al suo borgo natio, Mereu, dopo aver definito Tonara cara, santa e benedetta dalle muse, descrive così il paesaggio che è tipico dei luoghi che lo hanno visto venire al mondo: ‘Majestosas muntagnas/fizas de su canudu Gennargentu,/ch’in sas virdes campagnas/sas nucciolas bos faghent ornamentu;/seculares castagnas/chi supervas alzades a su bentu/virdes ramos umbrosos,/dulche nidu de cantos pibiosos://semper bos sogno, vanu/però est custu sognu, it’amalgura!’ Con inusitata capacità di sintesi, venati dall’amara malinconia dell’uomo che per un motivo o per un altro è costretto a stare lontano dal proprio villaggio, i versi rappresentano gli aspetti più immediatamente percepibili, quelli naturalistico – ambientali, di un paese e di un territorio intero che mai, nemmeno in tempi più vicini a noi, hanno goduto di grandi fortune turistiche nonostante siano, la circostanza è ben conosciuta dai sardi, tra i più ameni e caratteristici dell’isola di Sardegna. Se nell’ambito dell’opera di Mereu Tonara fa spesso da sfondo, tuttavia il poetare di Peppino non si limita alla celebrazione in versi del tanto amato borgo natio. L’opera di Mereu, infatti, è molto più complessa di quanto possa sembrare a un primo superficiale approccio. Vale la pena dilungarsi sugli elementi biografici, storici, letterari e contenutistici che hanno permeato di sé l’opera del tonarese. Essi hanno contribuito a determinare l’alto spessore della scrittura di questa singolare figura di poeta cantastorie a quasi 150 anni dalla nascita. La tormentata vicenda esistenziale di Peppino Mereu è in larga parte leggendaria e avvolta nel mistero. Sono pochissime le notizie certe e incontrovertibili che riguardano la vita e la morte dello sfortunato poeta. I dati di sicura veridicità, tutti desunti da archivi pubblici, concernono le date di nascita e di morte del poeta, la composizione della sua famiglia, il servizio prestato presso l’Arma dei carabinieri reali e quello, piuttosto breve, prestato presso il Municipio di Tonara. Quarto di sette fratelli (i loro nomi sono Edoardo, Manfredi, Elvira, quello di mezzo Peppino, appunto, Matilde, Rinaldo ed Emilia) Giuseppe (Peppino), Ilario, Efisio, Antonio, Sebastiano Mereu venne alla luce a Tonara nel primo giorno di Gennaio del 1872. Perde entrambi i genitori prematuramente: la madre Angiolina Zedda muore a Cagliari nel 1887, il padre Giuseppe, medico del paese, nel 1889, per aver ingerito erroneamente una sostanza letale scambiata per liquore. Alla morte del padre Peppino ha diciassette anni. Si ipotizza una sua frequentazione scolastica fino alla terza elementare; essendo Tonara villaggio sfornito di scuole in quei primi lustri postunitari, si propende generalmente per la tesi della formazione del tutto autodidattica del poeta. Molte delle informazioni biografiche su Mereu sono state attinte da ricerche curate dal Collettivo Peppino Mereu, organismo che ha avuto meriti indiscutibili per aver svolto, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta del Novecento una amorevole e paziente opera di ricerca storico-biografica, oltrechè di raccolta delle poesie di Mereu. Il lavoro del collettivo ha portato alla pubblicazione dell’opera omnia del poeta di Tonara. Che il poeta disponesse comunque di una formazione lo possiamo desumere dalla lettura dei suoi versi. Nello specifico, leggere l’opera poetica di Mereu porta ad avvicinarsi confidenzialmente al suo raffinato verseggiare, alle riflessioni in certo qual modo ‘filosofiche’ a cui il poeta si lascia andare quando affronta argomenti di portata universale come le sofferenze che fanno parte dell’umana esistenza e la morte e la giustizia, alla ricchezza descrittiva con la quale egli, con ricercato linguaggio, raffigura gesti e circostanze, comportamenti e particolari aspetti della quotidianità delle persone che abitano l’amato paese. Che dovesse aver letto molto e non solo in lingua sarda è inoltre dimostrato da alcune influenze letterarie che Mereu, uomo dei suoi tempi, sembra aver trasfuso nei suoi versi. Ciò è accaduto soprattutto nelle composizioni poetiche in cui il tonarese affronta argomenti di interesse più generale, in quelle più ‘contestatarie’, per esempio, in quelle, poi, che documentano l’approccio particolarmente commosso e critico del poeta nei confronti delle difficoltà esistenziali dei meno fortunati, del potere costituito e di una giustizia che gli appare sempre poco giusta. Scrive Mereu in ‘A Nanni Sulis II’: ‘Deo no isco, sos carabineris/in logu nostru prit’est chi bi sune,/e no arrestant sos bangarrutteris./Bi cheret una furca e una fune,/e impiccar’impiccare continu,/finas a si purgare sa Comune.’ Queste influenze per cosi dire ‘esterne’, vengono ricondotte agli scritti dei poeti della scapigliatura, alle poesie di Olindo Guerrini (pseudonimo di Lorenzo Stecchetti) e, per altri versi, a Giuseppe Giusti, poeta satirico toscano vissuto tra il 1809 e il 1850, il cui stile può essere facilmente rinvenuto in alcune delle poesie meno intime di Peppino, in quelle più irriverenti, pungenti e goliardiche nei confronti della politica e del potere. Il debito per così dire ‘stilistico’ nei confronti del Guerrini risulta particolarmente evidente nella poesia “Dae una losa ismentigada” (Da una tomba dimenticata): Non sias ingrata, no, para sos passos,/o giovana ch’ in vid’ happ’istimadu./Lassa sas allegrias e ispassos/e pensa chi so inoghe sepultadu./Vermes ischivos si sunt fattos rassos/de cuddos ojos chi tantu has miradu./Para, par’un’istante, e tene cura/de cust’ ismentigada sepoltura.// A ti nd’ammentas, cando chi vivia/passaimis ridend’oras interas?/Como happ’ una trista cumpagnia/de ossos e de testas cadaveras,/fin’ a mortu mi faghent pauria/su tremendu silenziu ‘e sas osseras./E tue non ti dignas un’istante/de pensare ch’ inog’ has un amante! Il movimento degli scapigliati costituisce un fenomeno letterario che si inserisce in un mondo, in una Italia in rapido divenire sotto i diversi profili politico, sociale, di costume, culturale. Il movimento nasce sulla scia delle tendenze letterarie realistiche e simbolistiche molto diffuse in Francia e accoglie intellettuali come Arrigo e Camillo Boito, Carlo Doni ed Emilio Praga tra gli altri. Gli scapigliati vengono presentati dallo scrittore milanese Cletto Arrighi (alias Carlo Righetti), vissuto tra il 1828 e il 1906, come il vero pandemonio del secolo e ‘pronti al bene quanto al male; irrequieti, travagliati, turbolenti’. Ritroviamo in Mereu la stessa indole ribelle e fortemente polemica che aveva caratterizzato il pensiero degli scapigliati, i cui obiettivi consistevano principalmente in una critica feroce al sistema borghese, al piatto andamento della normalità delle cose, al positivismo. La poesia di Mereu, in definitiva, si configura quale espressione dell’intima assimilazione, da parte dello stesso, di espressioni culturali che hanno carattere nazionale sapientemente mescolate alla cultura contadina e pastorale del piccolo paese sardo. L’estro poetico letterario di Peppinu Mereu assorbe dunque non solo l’urlo poetico esistenziale individuale dello stesso poeta ma comprende altresì istanze sociali e politiche manifestate dalla comunità tonarese e da tutte le genti dell’isola. Sulla formazione del Mereu si segnala quanto sostenuto dallo storico Manlio Brigaglia (è chiaro che studi da autodidatta o regolari che fossero Mereu ne aveva fatti: lo dimostra il taglio della sua poesia, i riferimenti letterari che vi si colgono, il sistema di idee che vi circola, perfino l’uso e quotidiano che vi si fa talvolta dello stesso periodo espressivo, costruito secondo i modi della poesia di paese più consueta e meno alfabetizzata, insomma più .) e dallo scrittore e poeta Francesco Masala (A pensarci bene, la crisi di Peppinu Mereu è la stessa crisi della piccola borghesia nuorese, altalenante tra l’ironia e la follia alcolica de sos iscopiles, puntualmente espressa dal gruppo dei poeti de su connottu, positivisti, anticonformisti, scapigliati e maledetti.). Quella di Peppino Mereu per la poesia in limba fu scelta di vita e d’amore voluta consapevolmente e appassionatamente. I tratti caratteriali dell’uomo sono quelli di una persona a cui fin da giovane vengono a mancare i genitori. Il poeta di Tonara vive in solitudine e malfermo di salute; testardamente avverso a qualsiasi tipo di imposizione e a ogni forma di potere, mostra di essere sensibile e sinceramente angustiato dalle ingiustizie sociali. Fu il servizio prestato come carabiniere dal 1891 al 1895 in quel di Codrongianos e altrove che fece conoscere a Peppino e toccare con mano le asperità che la vita, in ogni parte della Sardegna, riserva ai diseredati, alla gente comune, al pastore, al contadino. Insofferente nei confronti della disciplina militare e profondamente deluso dalle piccole e grandi ingiustizie che aveva avuto modo di rilevare e anche di subire durante il servizio prestato nell’Arma, il poeta si avvicina agli ideali propugnati dal movimento socialista, che proprio in quegli anni di fine secolo andava sviluppandosi. Con le sue opere interpreterà i vari aspetti di una crisi sociale ed economica che colpirà diffusamente non solo la Sardegna ma l’intera nazione italiana. E’ una crisi, peraltro, che per Mereu avrà amari risvolti personali. Infatti, sostiene Francesco Masala, “Di questa crisi il poeta Peppinu Mereu è pregnante testimonianza: figlio di medico proprietario, si ribellò alla famiglia e alla sua condizione piccolo-borghese, naufragò in una dimensione esistenziale, disordinata ma ancorata ai valori e alla cultura comunitaria del suo villaggio; la gente di Tonara protesse, onorò e nutrì il suo poeta maledetto”. Dopo il congedo, per gravi motivi di salute, dalla vita militare, inizia per Mereu, che in quel momento ha venticinque anni, la discesa della sua parabola esistenziale. Ci pare di vederlo, nei terribili inverni di Tonara, accanto al camino, coperto dall’orbace e sofferente, ravvivare il fuoco con carte sulle quali ha scritto dei versi. Raccontano che proprio in questo modo siano andate perdute molte delle opere del poeta. E’ una delle leggende che circolano sul tonarese che viene riportata nel risvolto di copertina di una delle più recenti edizioni delle sue opere: si dice che Mereu utilizzasse i fogli su cui aveva scritto qualche poesia per difendersi dalle rigidissime temperature degli inverni barbaricini. Vive spesso con mezzi di fortuna, con l’aiuto di pochi amici, in condizioni di progressivo isolamento, braccato dalla malattia e da un male di vivere di cui non riuscì mai a liberarsi. Si impiegò come scrivano presso il Comune di Tonara tra l’Ottobre del 1898 e la fine del 1900. Muore il primo giorno di Marzo del 1901, di diabete dicono alcuni, o di tisi, secondo altri. Nella biografia di Mereu la tubercolosi dovette effettivamente essere, da un certo momento in poi, un dato costante e concreto. A sostegno di tale ipotesi, sostiene Brigaglia, vi sarebbero la cupa malinconia del poetare di Peppino e la sua morte precoce. Difficile l’inserimento dell’opera del tonarese nell’ampio panorama poetico e letterario dell’Italia di fine Ottocento – inizio Novecento, dal momento che tra l’altro, sostiene Giancarlo Porcu, “La stessa presenza di italianismi nella lingua della tradizione poetica sarda – energica infatti in Mereu – ci parla di una assimilazione a distanza, decentrata, riguardosa, e non invece di un commercio diretto e intenso con la tradizione e la lingua ‘nazionali’.” e che le caratteristiche della poesia di Mereu derivano da scelte che lo stesso poeta tonarese compie a monte, “entro il sistema poetico in sardo, perché, periferia tra le periferie rispetto ai centri egemonici da cui pure è politicamente dipesa, la Sardegna, quella rustica in special modo, dovette sviluppare – metabolizzando di continuo apporti ‘altri-alti’ – una tradizione poetica con un proprio sistema di generi e di livelli interni, inventandosi fra l’altro una speciale lingua letteraria, con domini geografici soprattutto centro-settentrionali (il cosidetto logudorese illustre), e una singolare civiltà metrica.”. Purtuttavia l’opera di Mereu va inserita, quanto a contenuti, in un contesto postunitario culturale generale in cui in tutta Europa vanno crescendo e sviluppandosi la società di massa e, a essa collegate, le istanze partecipative delle genti e gli effetti della modernità, in un grande calderone in ebollizione in cui la Sardegna versa in condizioni di arretratezza veramente drammatiche. Il malessere e l’insoddisfazione della popolazione per un livello di tassazione impossibile da sostenere imposto dal governo unitario, la mancanza di strutture viarie che consentano agevoli collegamenti tra i vari centri dell’isola, l’insufficienza della rete dei trasporti, che è tale da non riuscire ad assicurare un sistema decente di collegamenti esterni all’isola stessa, vanno aumentando. Oltre a ciò, sempre nel contesto di un disagio che ha caratteri generali europei, sono da mettere in rilievo le particolari disastrose condizioni economiche della Sardegna aggravate dalla inadeguatezza della pastorizia e dell’agricoltura sarde a stare sui mercati e dalla sensibile diminuzione dei traffici commerciali d’oltremare conseguente all’adozione, da parte della Francia, di severe politiche protezionistiche. Al quadro d’insieme sinteticamente delineato vanno aggiunti da una parte il fenomeno del banditismo e le correlate severe misure di repressione adottate dal governo, dall’altra lo svilupparsi un po’ dappertutto, all’interno della classe lavoratrice, della consapevolezza dei propri diritti, delle prime lotte di classe, degli scioperi, del movimento politico socialista. Il quadro storico politico che si è sinteticamente delineato è quello in cui attivamente si inserisce la vicenda artistico esistenziale di Mereu. Ecco perché siamo convinti che alla poesia del mai abbastanza rimpianto vate tonarese debba essere attribuito per intero il rilievo che le compete e che merita. Nelle sue poesie Mereu dimostra di essere uomo perfettamente calato nell’attualità delle questioni dei tempi in cui, sia pure per pochi anni, ha vissuto. Sui tempi cambiati, ad esempio, e sul mutamento delle condizioni economiche, si leggano le poesie ‘Lamentos de unu nobile’: ‘1.Funesta rughe/chi giust’a pala/per omnia saecula/ba’in ora mala./ 2. In diebus illis/m’has fatt’ onore,/ma oe ses simbulu/de disonore./3. Oe unu nobile/chi no hat pane,/senz’ arte, faghet/vida ‘e cane./4. Senz’impiegu/su cavalieri,/est unu mulu/postu in sumbreri./5. A pancia buida,/senza sienda,/papat, che ainu, paza in proenda./6. Deo faeddo/cun cognizione,/ca isco it’ este/s’ispiantaggione./[…]11.Ah caros tempos/c’happo connottu!/sezis mudados/in d’unu bottu!…’ e ‘A Nanni Sulis II’: ‘Unu die sa povera Sardigna/si naiat de Roma su granariu;/como de tale fama no nd’est digna./Su jardinu, su campu, s’olivariu/d’unu tempus antigu, s’est mudadu/ind’unu trist’ispinosu calvariu.’. La valenza culturale e sociale insieme ai risvolti storico politici della sua opera per certi versi si spinge oltre gli angusti confini di una terra, la Sardegna, allora più che mai relegata ai confini del mondo.

venerdì 15 maggio 2020

A NANNI SULIS (Nanneddu Meu) di Peppino Mereu



A NANNI SULIS

1. 

NANNEDDU meu,

su mund’est gai,

a sicut erat

non torrat mai.

2.

Semus in tempos

de tirannias,

infamidades

e carestias.

3.

Como sos populos

cascant che cane,

gridende forte

«Cherimus pane».

4.

Famidos, nois

semus pappande

pane e castanza,

terra cun lande.

5.

Terra c’a fangu

Torrat su poveru

senz’alimentu,

senza ricoveru.

6.

B’est sa fillossera,

impostas, tinzas,

chi non distruint

campos e binzas

7. .

Undas chi falant

in Campidanu

trazan tesoros

a s’oceanu.

8.

Cixerr’in Uda,

Sumasu, Assemene,

domos e binzas

torrant a tremene.

9.

E non est semper

ch’in iras malas

intrat in cheja

Dionis’Iscalas.

10.

Terra si pappat,

pro cumpanaticu

bi sunt sas ratas

de su focaticu.

11.

Cuddas banderas

numeru trinta,

de binu onu,

mudad’hant tinta.

12.

Appenas mortas

cussas banderas

non piùs s’osservant

imbreagheras.

13.

Amig’ a tottus

fit su Milesu,

como lu timent,

che passant tesu.

14.

Santulussurzu

cun Solarussa

non sunt amigos

piùs de sa bussa.

15.

Semus sididos

in sas funtanas,

pretende sabba

parimus ranas.

16.

Peus su famene

chi, forte, sonat

sa janna a tottus

e non perdonat.

17.

Avvocadeddos,

laureados,

bussacas buidas,

ispiantados

18.

in sas campagnas

pappana mura,

che crabas lanzas

in sa cresura.

19.

Cand’est famida

s’avvocazia,

cheres chi penset

in Beccaria? 

20.

Mancu pro sognu,

su quisitu

est de cumbincher

tant’appetitu.

21.

Poi, abolidu

pabillu e lapis

intrat in ballu

su rapio rapis.

22.

Mudant sas tintas

de su quadru,

s’omin’ onestu

diventat ladru.

23.

Sos tristos corvos

a chie los lassas?

Pienos de tirrias

e malas trassas.

24.

Canaglia infame

piena de braga,

cherent s’iscettru

cherent sa daga!

25.

Ma non bi torrant

a sos antigos

tempos de infamias

e de intrigos

26.

Pretant a Roma

Mannu est s’ostaculu ;

Ferru est s’ispada

Linna est su baculu

27.

S’intulzu apostolu

De su segnore

Si finghet santu

Ite impostore!

28.

Sos corvos suos

Tristos, molestos

Sunt sa discordia

De sos onestos

29.

E gai chi tottus

Faghimus gherra

Pro pagas dies

De vida in terra

30.

Dae sinistra

Oltad’a destra,

e semper bides

una minestra.

31.

Maccos, famidos,

ladros, baccanu

faghimus, nemos

halzet sa manu

32.

Adiosu, Vanni,

tenedi contu,

faghe su surdu,

ettad’a tontu.

33.

A tantu, l’ides,

su mund’est gai

a sicut erat
non torrat mai 

giovedì 23 giugno 2016

IN S’ANNU ‘E SA PENSIONE OTADAS PO CRABIELE CASULA 2016 dae BOSTIANU BARRACCA

Giau su premissu
an ca ‘oliat una biografia
e cun impignu fissu
si dda fatzo in sarda  poesia;
su chi m’at nau issu
est realtade e nudda fantasia
ispero chi dd’atzete
chi m’improviso in s’opera poete.
S

u tragiu ‘e sa cantada
cun d’unu pagu ‘e matana e afannu
est una caminada
de su trabagiu prus de barantun’annu
da canno est cumentzada
finas a lomper a sa fine ocannu
datas, logos e gente
in terra sarda , estero e continente.

C
umentzo gioga gioga
sena issire a ube fuo annanno
sa prima otada toga
m’est parta, e dda sigio rimanno;
interroga, interroga
bidio sa poesia aumentanno
chi credeis a mie
dd’apo sestada in solu duos meries.
D

d’apo iscrita in presse
sena pentzare a su risultau
si cosa m’iscaesse
pedo iscusa e sia perdonau
is rimas po ddos tesse
cufesso ca mi seo suerau
ca is musas a bortas
si negaiant e mi serrant is portas.
M
a dd’apo postu cura
ei sa mente mi dd’apo impegnada
detzisu  e cun premura
cumentzo a iscrier sa prima otada
is ateras a mesura
lassanno a banna sa vida privada
ca is contos privaos
no est bellu chi siant publicaos.

E  sigo curiosu
pregontannoddu de logos e datas
e issu dubbiosu
mi naiat is notizias a ratas
e deo premurosu
ddi pretennia is cosas esatas
e mi dd’as iscridia
e posca in rima sarda dd’as ponia.
I
s versos che funtana
bunnantes nni essiant e aligros
m’a tretos matana
m’ant au e m’ant postu in castigos;
poi torràt sa gana
chi nn’i ‘enit solu po certos amigos
c’a tie ti cunsidèro
su matessi po me dae te ispero.
C

omo letore caru
dd’apo finia sa prefazione
chi ti serbit’e faru
ca est giusta s’ispiegazione
gasi su preparu
tenes,po dda cumprennet sa cantzone;
como sa chiusura
fato e t’auguro una bona letura.


                  ooooooooOOOOOOOOOOOoooooooo


C
rabiele ocannu
lassat cadira cun s’iscrivania
pustis barantun’annu
de impiegu in sa segreteria;
no est d’edade mannu
poite at cumentzau in pitzinnia
e tanno cun regione
dd’ispetat intrea una pentzione.
U

na si nn’at colàu1,
fut belle po viagiare a sa ‘etzesa,
su Proveditorau
ddi nat : “piga e parti cun lestresa
ca t’aus assignau
a s’istitutu ‘e s’iscola orgolesa”.
Canno fut bell’e prontu
bannat a Nuoro e di faent su contu.

A
penas arribau
pedit a Luche dotore Simone2
chi su cale dd’at nau:
“Casula a tie t’ispetat sa pentzione
dae s’annu passau
as supèrau sa contributzione
ca ti pogno a riposu
firma in presse , parti e adiosu”.
B

int’annos solu aiat
canno cumentzat  custa carriera
cun briu e energia
poite fit in sa megnus primavera;
dae tanno ai custa ia
at trabagiau po una vida intera.
E finalmente como
iscapat totu e ne torrat a domo.
    Is timbros chi si manigiant in s’ofitziu.
E

retu  diplomau
s’est iscritu a s’universidade
in tempus pagu at giau
doghi esames de Lege in  facultade;
in Diritu ferrau,
articolos de lege in cantidade
d’os connosset a giogu
totu a memoria e sena interrogu.

P
o prima in continente
est giustu chi custu si raconte;
cumentzat che suplente
in sa idda ‘e Biella in Piemonte;
ma teniat in mente
de ne torrare a Sardigna de fronte;
infatis est bistau
solu tres meses e poi n’est torrau.
I

n sa idda’e Tonara
cumentzat in s’iscola Industriale
aprennet e imparat
in cuss’impiegu de postu istatale,
firmu mai s’imarat
faet bilancios e contu in generale;
ca po bravura nanta
no ne ‘oliat de collegas acanta.

S

ocialmente impegnau
est in sa ‘idda sua un’ativista
da semper innamorau
da bonos ‘ideales progressista;
puru un assessorau
at tentu e contzilleri in cussa lista
cun politica vena
binti chimb’annos teniat apena.



I
n is annos vicinu
connoschet sa cumpagna ‘e sa vida;
Antonieta Aragninu3
giovona bella massagia cumprida
e s’issoro caminu
sunt da trint’annos una copia unida
da s’unione insoro
Olga e Sara4 arribant che tesoro.
P

ustis cuss’aventura
bannat a Sorgono a s’istitu agrariu
cun manera segura
faet inie puru ‘e segretariu
semper tenenno cura
de no bessire foras dae binariu;
seriu e cumpetente
abile po natura e intelligente.

P
aritzu tempus creo
in Sorgono abbarrat tosta e tira
e posca in Simugreo
dd’aporrint in s’iscola sa cadira;
po geniu e galateo
is dipendentes totu d’os atira;
lassat in generale
inie in totus unu bonu signale.
F

aet tanno domanna
po si poder de nou accostigare
ca sa distantza manna
d’est parta tropu grae a suportare;
cussa sede a banna
dda lassat po Aritzo a camiare.
Ini s’iscola ‘e Aritzo
de annos bonos nn’at fatu paritzos.

T
ra media e superiore
est abbarrau in Aritzo cuntentu
ca su tretu minore
di pariat unu divertimentu
e sa sorte a favore
pustis paritzos annos issu at tentu;
ca tanno est cumentzada
un’ aventura noa in s’Ambasciada5

S

u richiamu forte
de cumentzare noa una faina
cun figias e cunsorte
partit po sa repubrica Argentina,
po set’annos in corte
abbarrat in s’America Latina;
inie cun onore
diventat puru unu bonu iscritore.
P
ustis chi est arribau
indagat totu bene a puntinu
a gente at domannau
ite n’issiant de unu mamugiadinu
chi partit disterrau
che medas in su populu argentinu;
suspetat chi su tale
esset   Peròn famosu generale6.

I

n su noranta noe
movet e sinne torrat a Tonara
ca d’est che bonu proe
su torrare a sa idda sua cara;
dae tanno fin a oe
est abbarrau fissu dae insara
continu in s’istitutu
anno forte unu mannu contributu.
N

o est po nudda arrèu
ne pressone chi s’iscrafet7 sa ‘entre
de Pepinu Mereu
in  Colletivu eletu est presidente
e degh’annos intreu
est puru ‘e sa Pro-Loco ugualmente
cun su matessi gradu
chi a Tonara lustru e fama at dadu .
M

a tenet s’orìolu
de cuddos doghi esames in suspesu
ca s’intennet in dolu
su aer lassau is istudios a mesu
e tanno po contzolu
a torrare a istudiare at ripresu
in su duamila e oto                
diventat dotore narrer poto.
D
e sole unu ragiu
dd’illuminat sa mente a sa presentzia
o che trainu in magiu
chi curret a su mare cun passientzia
Diritu ‘e su Trabagiu
cun d’una tesi in sa Previdentzia;
sa laurea at otentu
torrat dotore aligru e cuntentu.














S


emper tenenno cura
de caminare deretu e costante
frecuentat sa Pretura
comente  abocau tirocinante;
causas de usura
e brigas de pastores lacanantes
e lotas e cumbata
dd’os isolvet cun su collega Sata8

C
anno ne torraiat
dae Sorgono fata s’udientzia
no si convocaiat
totu su personale a sa presentzia
tanno interrogaiat
in materia de Giurisprudentzia
cun manera gentile
de codice penale e de civile.



E
 noso amaliaos
iscurtannoddu cun atentzione
sèlios e callàos
intennenno sa sua letzione
ni ‘essiaus prepàraos
carrigos de is suas notziones.
Calecunu m’at nau
da issu cosa meda ap’imparau.
D

e caratere tostu
àrridu po niente si piegat
poite a dogni costu
prevalet s’arregione ch’issu ispiegat;
no est mai dispostu
a cuntzedet niente e ne intregat
in s’idea cunvintu
no mollat fin’a canno no at bintu.

I
n Tonara at tentu
set’oto diversos dirigentes
medas che i su ‘entu
abbarrant po un annu solamente;
ma tres cun istentu
faent sosta po annos longamente;
sunt custos chi m’at nau
Anedda, Zisa e Totore Frau.9
P


o non faet isgarru
pogno totus in riga sena neu
unu fut Lucio Arru
posca Litarru e Donata Mereu
Dessì che unu gigarru
fut lagna e dilicada coro meu!
Mannu dae conca a pese
invetzes fut Alèssandro Cortese10.

I
nfinis su tributu
depo are a s’atuale dirigente
chi est in s’istitutu
Luca Tedde11 preside regente;
pressone de cumputu
seriu, detzisu, omìne cumpetente;
edùcau e discretu
di mancat pagu po esset perfetu.
C

omo a is concruos
ne ato a fine sa biografia
cun custos versos cruos
ateras cosas narrer ti ‘olia
po totu is pregios tuos
no bastat cust’umìle poesia;
m’acuntentadi etotu
chi no d’os apo elencaos totu.
               S’intrada de s’iscola elementare de Tonara
D

uncas a bellu a bellu
a s’arte noa di pognas cura
bintzas dogni duellu
cun toga a coddu, arringas madura
ne fatzas in Apellu
e in cortes d’Assise e in Pretura
fintzas in Cassatzione
ni ‘oghes s’innocente dae presone.
S

’ora pius no bio
de ne ‘atire a fine sa faina
t’augurant Peddio
Nina, Letizia, Fadda , cun Bonina
fintzas deo ch’iscrio12
Franca Zanda,  Bastiana cun Pina13
chi no ti lompat neu
fin’a brincares su seculu intreu..
A

tzugno a sa lista
is ateras bidellas e bidellos
si nono cara trista
mi faent e mi pesant burdellos;
po chi no siant a vista
aperint semper giannas e cantzellos;
is de is sedes vicina
sunt batero mascos e chime femìna.
D

ae megnanu a sero
issos fritint fitianu s’ischina
duos si nant Piero14
b’est Domenico, Bruno e Frantzischina
poi Rosanna ispero
cun Gonaria e Ivana  sa faina
dda fatzant cun Irene
chi t’augurant totus dogni bene.
T

anno cun Antonieta
passadidda sa vida che una gita
in totu su pianeta
cann’in zonas caentes canno fritas
no ne trascures meta
sena di faer una orta bisita;
t’as’a crere Crabiele
comente in segunna luna ‘e mele.









Notas
1.             colàu- scampato
2.             Simone Luche impiegau in su Provveditorau, est su chi faet is contos contributivos a is dipendentes istatales.
3.             Antonietta Arangninu , pobidda de Crabiele dae su 1987
4.             Olga e Sara - i duas figias ci ant tentu
5.             dae su 1992 a su 1998 at trabagiau in s’Ambasciada italiana in Buenos Aires.
6.             “Dònde naciòPeròn“ est su libru chi at iscritu in su 2004.
7.             iscrafet – grattare
8.             Giuanni Satta est s’abocau cun su cale at fatu su tirociniu.
9.             Giuliu Anedda, Giuanni Zisa , Totore Frau sunti is primos tres presides chi at tentu dae canno est in Tonara.
10.        Lucio Arru , Donata Mereu , Totore Littarru , Anna Dessì e Alessandro Cortese, sunti is ultimos dirigentes chi at tentu.
11.        Luca Tedde est su preside regente attuale in s’annu ‘e sa pensione.
12.        Bostianu Barracca , bidellu in Tonara  s’autore de custa poesia
13.        Alessandra Peddio , Franca Zanda e Pina Manca sunti is tres impiegadas de sa segreteria; Letizia Loddo, Bonina Frogna, Anna Paola Fadda, Nina Puddu e Bastiana Pruneddu suntis inveces is bidellas de s’iscola ‘e Tonara.

14. Piero Curreli, Piero Marras, Domenico Marongiu,   Bruno Melis, Franceschina Soddu, Rosanna Maccioni, Gonaria Maccioni, Ivana Moroso e Irene Soru,suntis invece is bidellos e bidellas chi trabagiant in is iscolas de Ovodda, Teti e Tiana.



S’autore
Bostianu Barracca ,  naschit e  bivit in Dèsulu , est s’autore de custa poesia. Traballat a contu de s’Istadu , comente bidellu dae prus de bint’annos. Pustis chi at girau paritzas sedes iscolasticas de sa provintzia de Nuòro , est arribau a  s’iscola de Tonara in su 2008, ube at connotu a Crabiele Casula comente Diretore Amministrativu.

Le contrade di Toneri nel 1866 di Nino Mura

alusac eleirbag