Conosco Raffaele Casula da oltre trent'anni, da quando, nelle piazze dei villaggi della Barbagia-Mandrolisai, imboniva la gente perché comprasse scarpe da lui. E la gente comprava, anche perché la sua verve contagiosa ispirava simpatia e fiducia. Tra un paio di scarpe vendute e un paio prezzate, trovava il tempo per parlare con gli amici della sua grande passione. Nelle sue tasche c'era sempre una copia dell'ultima poesia, magari di quella spedita il giorno prima al "Premio Ozieri", al Posada o al "Su Sonettu" di Ortueri.
Raffaele Casula, che tra l'altro è
uno dei poeti più prolifici
della Sardegna, ha partecipato a quasi tutti i concorsi banditi nell'isola
e nel continente. Numerosissimi i riconoscimenti ottenuti: ha raccolto allori a
Posada, Oschiri, Atzara, alla Terzina di Macomer, a "Frores de monte"
di Austis, a "Sa Madonna 'e su Nibe" di Teti, a "Su
Sonetto" di Ortueri e in altri concorsi ancora. Nonostante la messe di
successi, è tuttavia critico con l'operato di alcune giurie, che "di
solito giudicano a senso unico", favoriscono i loro protetti e non vedono
o non vogliono vedere al di là del proprio campicello. Una critica esagerata?
Probabilmente sì, anche se, in alcuni casi, diventa arduo dimostrare il
contrario.
Raffaele Casula non è nuovo nel campo delle pubblicazioni. Il suo primo testo "Sonnios de paghe", con prefazione di Paolo Pillonca e del suo nipote prediletto Gabriele Casula, è stato stampato nel 1986. "Sardigna cara", con prefazione di Natalino Piras, è uscito nel 1990. Con la prefazione di Fernando Pilia e i tipi della 3T di Cagliari, nel 1993 è stato pubblicato "Beranos de incantu".
Questo quarto libro, interamente
dedicato ai sonetti, consacra
definitivamente la piena maturità di un poeta versatile, non a torto
ritenuto l'erede del grande Peppino
Mereu. Il protagonista principale del libro è lo stesso poeta con i suoi
rimpianti meditati, gli slanci giovanili e la sua serenità raggiunta attraverso
la saggezza e la fede in Dio. Una parte importante "giocano" anche
gli affetti familiari e i tanti amici con i quali ha e intende continuare ad
avere ottimi rapporti. Ma i protagonisti veri, alla fine, sono gli esseri umani
in generale, ai quali propone esempi di vita vissuta e strade sicure da
percorrere.
Questo bisogno di educare gli altri è
un elemento prevalente in tutta la produzione poetica di Raffaele Casula, che,
in questo senso, travalica lo stesso concetto consacrato di poesia come fatto
interiore e soggettivo, visto che si propone un fine pratico di insegnamento.
D'altra parte, la religione, la morale, la politica e gli stessi comportamenti
sociali non sono forse istanze pratiche?
La religione, o se vogliamo il
sentimento religioso, è indispensabile per l'uomo. L'ordine e le meraviglie del
creato sono un segno dell'esistenza di Dio o Essere supremo al Quale bisogna
rivolgersi con spirito puro. Ma quanta falsa devozione si annida nella gente!
Il poeta avverte: " ...su
veru cristianu / connoschet solamente sas istradas / de s'amor' e sa bona
cuscienzia".
Per Raffaele Casula la vita è un
passaggio e guai se non fosse alimentata dalla speranza che, alla fine,
non tutto finisca "in una losa". L'uomo è opera divina: è un istante
della "vita" dell'universo. Perché vivere allora con il terrore della
morte? Il suo desiderio è quello "de
che passare s'ultimu momentu / cun sa morte in su lettu canta canta" e
quindi senza particolari rimpianti, peraltro inutili. E in chiusura di un
sonetto si legge: "Girat
sa terra piant pianu / e su sole si cuat rie rie / pro torrar' a bessire su
manzanu. / Ma si sa morte imboligat a mie, / pustis chi brinco su serragu umanu
/ a su mundu non torro ateru die". Se poi la vita è condita di
sofferenze, è più che comprensibile il desiderio " ... chi enzat sa morte, /
tantu non bido ater'isperanzia, / chi consolet s'istanca vida mia". Ma
la vita è bella e sempre degna di essere vissuta, specialmente se è nobilitata
dall'amore verso gli altri e rivitalizzata dalla poesia, che porta gioia e
allegria ovunque, anche "in
sos giassos ismentigados".
La poesia vola e fa volare alto "subras sas alas caras de
Talia / piena de virtude e de portentu" per cantare la primavera
e la giovinezza piena di promesse, i sacrifici e le tensioni dell'età adulta, i
contenuti e dignitosi rimpianti della vecchiaia e per cantare anche " ... sa paghe cun s'amore, /
cun cantu lis regalat sa natura". Un dono, quello della poesia, che
non tutti posseggono, anche se purtroppo il mondo è pieno di poeti che si
credono tali. In un sonetto di risposta ai complimenti ricevuti dal suo amico e
collega Angelo Porcheddu di Banari, Raffaele Casula sentenzia senza mezzi
termini: "S'estru superbu
de sa poesia / faghet nidu in chelveddos virtuosos".
La poesia è libertà e non conosce
le finzioni della politica, che spesso inganna la gente e, a volte, spara
"cannonadas a salve". Vola più in alto della stessa scienza, il più
delle volte schiava della politica e, proprio per questo, responsabile anche
dei gravi danni di tipo ambientale, che stanno inquinando il pianeta Terra, e
della corsa ad armamenti sempre più sofisticati, che potrebbero portare ad una
catastrofe irreparabile.
La poesia esalta i sentimenti, è
addirittura il canto dei sentimenti, ed è spesso capace di suscitare atmosfere
e associazioni di immagini, che fanno bene allo spirito e aiutano ad essere
positivi nei rapporti sociali. Per Raffaele Casula è poesia la campagna amena,
il bosco innevato, il giardino fiorito e tutto ciò che esalta la vista: è
poesia il cuore e la mente dell'uomo, la gioia e la tristezza: "totu s'immensidade est
poesia, / sas istellas, sa terra, s'oceanu".
Sono queste alcune chiavi di
lettura dei sonetti di Raffaele Casula, ma tante altre se ne possono ancora
scoprire con un'attenta lettura del libro. La poesia, come tutti sanno, esprime
in primo luogo l'anima del soggetto che la partorisce ed è per questo che le
chiavi di lettura possono essere molteplici e strettamente legate al modo di
porsi di fronte all'opera. Non è detto che su alcuni temi, proposti dalla
poesia di Raffaele Casula, non si riscontrino delle contraddizioni, ma anche
queste sono figlie dei tormenti dei veri poeti.
Il linguaggio dei sonetti è spontaneo, scorrevole e ritmato.
Il poeta usa il logudorese con
competenza e proprietà, anche perché è profondamente convinto della
"nobiltà" di questa variante della lingua sarda, divenuta ormai la
più popolare e diffusa nell'isola. Tuttavia, secondo me, Raffaele Casula fa un
ricorso abbastanza marcato a italianismi
non sempre necessari. Un peccato senz'altro veniale questo, in
considerazione del fatto che tutti gli idiomi della terra subiscono e hanno
subito "contaminazioni" esterne e, a loro volta hanno
"contaminato". Che dire infatti della lingua italiana, sempre più
"carica" di francesismi e soprattutto americanismi! Al di là di ogni
considerazione, resta il fatto che l'autore di questo libro non è certamente un falso poeta e
il lettore se ne potrà rendere conto fin dalle prime pagine. L'auspicio e
l'augurio è che abbia il successo che certamente merita.
Attilio Loche

