Di Maurizio Pretta 15 Gennaio 2022.
Tonara, civico 18 della contrada detta di San Giuseppe a Funtana ‘e Idda, parte bassa del rione di Arasulè, 1872. Sono le 4 antimeridiane del 14 gennaio quando la cagliaritana Angiolina Zedda, allora trentatreenne moglie del medico condotto del paese Giuseppe Mereu, mette al mondo il suo sesto figlio al quale viene dato il nome di Giuseppe Ilario, Efisio, Antonio, Sebastiano. Si racconta che nel frattempo, il sofferente latrato di un cane si mischiasse al sibilo di un vento freddo e desolante, mesta profezia della dolorosa sinfonia che sarebbe spesso risuonata durante la breve vita terrena di quel bambino appena nato, ma che i suoi versi poetici, molti anni dopo, avrebbero consegnato all’immortalità e alla leggenda.
Nel paese dei deliziosi torroni e dei campanacci in questi giorni c’è fermento. Le associazioni culturali e la comunità tonarese si stanno preparando per celebrare solennemente la storica ricorrenza con una serie di eventi che verranno programmati nel corso dell’anno. Continua così a rinnovarsi quanto Nanni Sulis, fraterno amico al quale il poeta dedicò i suoi versi più popolari, auspicò: attraverso diverse generazioni i tonaresi hanno fatto tanto al fine di raccogliere, conservare, pubblicare e divulgare l’opera del Mereu. Se la sua nobile figura di uomo e poeta è stata preservata ed elevata oltre i cieli barbaricini, per diffondersi in tutta l’isola e nel mondo, lo si deve a questi volenterosi compaesani e a coloro che, a partire dal secondo dopoguerra, hanno riproposto in musica i suoi versi, trasformandoli in arcinoti canti popolari.
Su tutti spicca il Collettivo Peppino Mereu. Nato nel1977, si assunse l’incarico di ripubblicare il volume ‘Poesias’ nel 1978 e nel 1982, e di celebrare il poeta per la ricorrenza del centenario della morte nel 2001, con un convegno-concerto e con ‘Nanneddu Meu’, un libro al quale venne allegato un compact disc dove le liriche del Mereu vengono interpretate da diversi musicisti sardi.
Attraverso il loro prezioso lavoro, quello di tenores, cuncordos, cori e musicisti vari che ripropongono puntualmente i suoi versi, e tramite lo studio di tanti storici, musicologi, ricercatori e appassionati che ancora scrivono e discutono sullo “scapigliato di Barbagia”, possiamo tutt’oggi godere di una vasta produzione letteraria in merito. L’augurio è che questo importante cento-cinquantenario non sia soltanto un punto di arrivo e un’occasione per tirare le somme su questo lodevole lavoro di conservazione e divulgazione, ma anche quello di una nuova partenza per stimolare ancora studi e ricerche al fine di valorizzare anche la produzione meno nota e alcuni aspetti poco indagati della vita di Peppino Mereu e della Sardegna della sua epoca. Ne gioverebbero l’intera storia e cultura isolane, ma anche l’animo di quei sardi che hanno a cuore le loro radici e che partendo da queste, hanno imparato a volare.
Deo t’invoco cale russignolu:
ben’a cantar’a sa Patria mia,
ispalghelas sas alas a su olu.
Milli cosas contare ti cheria,
e cheria godire ness’un’ora
su consol’ ’e sa tua cumpagnia.
Ismentigadu non t’ai’ancora,
ti nde fatto solenne juramentu,
sa limba mia non est impostora.
Per chi volesse scoprire, approfondire e conoscere meglio l’opera e la figura di Peppino Mereu consigliamo:
‘Peppino Mereu – Poesie Complete’ a cura di Giancarlo Porcu – Il Maestrale 2004
‘Peppino Mereu – Poesias’ a cura di Marco Maulu – Ilisso 2004
‘Nanneddu Meu – Poesias de Peppinu Mereu’ a cura del Collettivo Peppino Mereu – Condaghes 2001
‘Peppino Mereu – Opera Omnia’ a cura di Gianfranco Tore – Il Maestrale 2017