con la COLLABORAZIONE del Prof. Vittorio Angius
Tonara , villaggio della Sardegna nella provincia dì Nuoro, capoluogo di mandamento, sotto il tribunale di prima cognizione della predetta città. E’ compreso nella Mandra e lisai , regione della Barbagia , e dipartimento dell’antico regno di Arborea. La sua posizione geografica è nella latitudine 40° 1’ 10’’ e nella longitudine orientale del meridiano di Cagliari 0° 4. Siede nell’alto tra il principio di due valli, una inclinata verso austro , l’altra nella parte contraria, ma non nel mezzo perché il suo più alto rione è di alcun poco distante dal vortice o linea divisoria delle acque ne’ primi gradi della discesa all’austro. Questa valle australe è fiancheggiata a levante dalla mon lagna, detta Genna de Floris a ponente da vari colli , uno de’quali è deto propriamente Su Toni o Toneri. Questa parola nell’uso del paese significa generalmente grandi roccie ed enormi rupi ardue e difficili all’accesso . Noi la ritroviamo in altri luoghi della Barbagia , nel ramo australe del Montargento, dove è il Tòniri di Irghini , e nei monti della Barbagia Seulo in una roccia che che resta ad ostro-libeccio e a due miglia dalla Petra Iliana. Siccome di detti toni o tòniri si trovano alcuni presso il paese considerato, però stimano molti che il suo nome Tonara derivi da’ medesimi . Il comune di Tonara è diviso in quattro frazioni o rioni che nel paese diconsi vicinati. Questi vicinati sono ordinati in scala nella discesa del monte, o nella sua pendice. Il rione superiore e insieme il più popolato ha il nome proprio di Arasulé ed è disposto incontro all’austro. Il secondo è detto Toneri o Toniri , meno popolato deI precedente, ma più degli altri. Ha questo nome perché dalla pane di ponente si appoggia al gran colte detto su Toni o Tòniri, onde resta in esposizione incontro al levante. Il terzo si nomina di Taliseri, resta più a levante degli altri ed esposto all’austro. Il quarto, inferiore agli altri perché è prossimo agli ultimi gradi della pendenza e meno degli altri popolato,appellasi di Ilalà, giace al scirocco degli altri e riguarda il ponente,restando diviso da Taliseri per un ruscello, che ha le sue scaturigini nella parte superiore della montagna, volgarmente appellata del Sèssini. Le acque di questo ruscello per ragione del sito scosceso e sassoso scorrono rapide e tanto sonanti, che pure, quando esse sono in poca quantità, bisogna gridare perché si senta la voce da una sponda all’altra. Le strade del paese sono in generale scoscese e strette. Ma fuori del paese a piccola distanza trovansi alcuni tratti dove si può passeggiare e nell’estate rallegrasi la vista in una prospettiva amenissima, e da qualche parte assai larga. Trovandosi Tonara presso al gruppo del Montargento in molta elevazione e presso montagne che mantengono nel dorso per molti mesi la neve, intendesi che il clima deve esser freddo; tuttavolta per la situazione che abbiamo accennata restando tutte le frazioni del medesimo difese dalla tramontana ed in esposizione all’austro il freddo invernale non è tanto intenso , quanto si potrebbe supporre, epperò il suolo facilmente si disgombra delle nevi se a’ temporali nevosi seguano giornale serene. Spesso dentro i paese il nevazzo levasi ad un metro e resta delle settimane intere, I vecchi conservan memoria della nevata del gennajo 1793, quando in alcuni siti dentro l’abitato il nevazzo elevossi a metri 10 e più ancora dove la tormenta ammucchiava le falde. Si rammentano tanti altri temporali ma non di effetto tanto notevole. Il freddo in certi notti d’inverno va sino a -8°. Come le nevi così le piogge estive cadono qualche volta a torrenti , e tutti ricordano il temporale notturno del 3 ottobre 1830, che durò sole due ore, e rovesciò molte case, e cagionò gravissimi guasti nelle campagne e nei boschi, e l’altro de’ 24 luglio 1831, il quale scoppiò dopo le due pomeridiane e proseguì per due ore danneggiando molto più che aveva fatto il precedente. Di primavera e di autunno si vedono nelle valli e nelle gole delle montagne nebbie dense, le quali però non sono mai state riconosciute maligne, essendo esse veri nuvoli. L’umidità sentesi ne’ tre rioni inferiori e nulla nel superiore. Il maestrale riflesso dalla montagna di Genna de Floris vi si fa sentire e spiega molta forza, che nuoce a’ seminati ed agli alberi. Il libeccio fa altrettanto. L’aria di Tonara è pura d’ogni maniera di miasmi.
Non è questo molto esteso perché forse la sua area non pareggia le 20 miglia. Esso è quasi tutto montuoso, non pertanto non mancano de’ piccoli piani. La montagna principale è la così detta Genna-de-Floris, la quale è una dipendenza del Montargento, di cui può trovarsi la descrizione nell’articolo Sardegna. Dalla sua giogaja scuopronsi tutte le regioni occidentali e lo sguardo distendesi ne’ mari di ponente. In molti tratti la selva de’ ghiandiferi, mescolati di altre specie, è folta, e si vedono alberi annosi e folti ; in altri è rara e gli alberi di aspetto meschino. Le fonti si aprono a tutti i passi per così dire, e alcune di una copia notevole. Le acque sono di tutta bontà. Qui però devesi fare una eccezione , e sarebbe per l’acqua che bevesi nel vicinato di Toneri, acqua che non è di cattivo gusto , ma che tuttavolta si sente men buona di quella che bevesi negli altri rioni. Alla quale si attribuisce certa deformità che patiscono molti di coloro che ne bevono e specialmente le donne, e voglio dire il gozzo , che in alcune cresce al volume d’un’arancia ordinaria, in altre anche più. Intanto questa supposizione viene a confermarsi in quanto parecchie donne degli altri rioni , le quali frequentano il rione di Toneri e vi stanziano per le loro faccende contraggono per lo più la stessa deformità. Si è fatta osservazione sopra alcune donne di Arasulè, le quali per matrimonio o per altro qualunque motivo avendo trasferito il loro domicilio in Toneri indi a poco lasciaron vedere nel collo un piccol nodo, che andò crescendo a poco a poco sino al sunnotato volume. Nel territorio di Tonara si formano alcuni rivi, de’ quali uno discende nella valle boreale, l’altro nella valle australe, il quale, come abbiam notato, ha origine nel monte Sessini. il grosso selvaggiume vi è abbondante, e si trovano cervi, cinghiali e mufloni. E’ pure abbondantissimo l’uccellame grosso e gentile.
La Popolazione
Nel censimento del 1846 si notarono in Tonara anime 2476 , distribuite in famiglie 648 ed in case 472 . Il detto totale distinguevasi in uno ed altro sesso secondoi diversi periodi dell’età nelle seguenti parziali;sotto gli anni 5 maschi 145, femmine 159; sotto li 10 mas. 137, fem.134; sotto i 20 mas. 154, fem. 196; sotto i 30 mas 118,fem. 154; sotto i 40 mas. 131 , fem. 128; sotto i 50 mas.116 , fem. 138; sotto i 60 mas. 104 , fem. 117; sotto 70mas. 98 , fem. 118; sotto gli 80 mas. 81 , fem. 98 sotto i 90 mas. 76, fem. 30; sotto li 100 mas 27, fem. 17. Distinguevasi poi secondo le varie condizioni domestiche il totale de’ maschi 1187, in scapoli 695, ammogliati 436, vedovi 58; il totale delle donne 1289 in zitelle 691, maritate 439, vedove 159. I numeri medi del movimento della popolazione sono i seguenti; nascite 95, morti 65, matrimoni 18. Molti vivono alla decrepitezza, e tra il 1830 e il 1852 morirono due più che secolari. Le malattie più frequenti sono i dolori laterali per le quali molti muoiono nell’età più verde La popolazione è pessimamente servita nel rispetto sanitario, perché non si hanno né medici, né chirurghi di abilità. I flebotomi suppliscono, e sarebbe meno male che mancassero anche questi. Nel vestiario i Tonaresi non hanno alcuna differenza dai popoli vicini;se non che le donne usano per velo un taglio di panno nero quadrilatero, non più lungo di metri 0,75. Esso è contornato di nastri di tal colore secondo il gusto, stringesi con un gancetto sotto il mento, e con le falde copre il petto. E se questa è la moda antica, provasi un’altra volta che il Dante non scrisse storicamente, quando notò la nudità impudente del petto delle donne toscane nella maniera delle barbaricine di Sardegna. Negli usi sono simili agli altri sardi e massime a’ loro compaesani della Barbagia: quindi vedi l’articolo Barbagia. Hanno gran passione per i balli e questi si fanno all’armonia del canto, non potendosi che di rado avere uno zampognatore. La professione principale è quella de’ pastori; vengono poi li agricoltori, i quali sono in minor numero e per lo più sogliono praticare qualche mestiere per occuparsi in quei mesi, ne’ quali non si può state sui campi. Oltre i mestieri comuni agli altri paesi noterò quello che è particolare a molti tonaresi , che faticano per asciare i tronchi e segarli , e poi smerciano nelle altre contrade in tavole, travicelli, e dogarelle. L’opera assidua alle donne è la filatura e la tessitura , e con la loro diligenza procurano alle famiglie un lucro talvolta notevole da tessuti, che vendono a rigattieri gavoesi, o cillonari, vedi art. Barbagia. La scuola elementare vi fu aperta prossimamente alla parrocchia, poco dopo l’editto delli 23 giugno 1824, e qualche volta fu frequentata da più di 80 fanciulli. Poi questo numero è andato in diminuzione, come andata stancandosi la vigilanza del parroco e la cura del maestro. Le persone che in tutto il paese sanno leggere e scrivere forse non sorpassano i 65.
L'Agricoltura
Credono i tonaresi che il loro territorio sia più atto alla cultura degli alberi, che a quella de’ cereali e molti vorrebbero che fosse così, perché non si dovrebbe faticare sull ‘aratro, e sulla vanga, e forse non desidererebbero più che pane di castagne o di ghiande, delle quali si nutrivano i loro maggiori. Contrariamente a codesta loro asserzione, il territorio di Tonara è buono pure alle viti, e se fosse meglio coltivato produrrebbe maggior copia di cereali. La quantità ordinaria che si semina annualmente da’ tonaresi è di circa 700 starelli di grano, di 500 d’orzo, e di circa 70 starelli di legumi. La fruttificazione comune è del 7 per uno. L’orticoltura si restringe a pochi articoli, tra’ quali sono principali le zucche e i cavoli. Non sappiamo se la cultura delle patate siasi estesa , se quella della meliga fu introdotta. La vite vegeta con molto vigore , ma sopravvenendo il freddo prima che i frutti siano ben maturati, i tonaresi non sanno far altro per conservare i vini, che mescolarlo con sapa. Da questo si può intendere quanto essi sono ignoranti nell’arte di manipolare le uve. Siccome resta molto vino alla consumazione, non potendosi il superfluo vendere, però se ne brucia una notevole quantità per acquavite,la quale spesso riesce buona, e quasi basta alla provvista della popolazione, cioè degli uomini che vanno in campagna. Degli alberi fruttiferi la specie più comune è il castagno e vedonsi lunghissimi tratti dove questi piani fanno foltissimo bosco. Il numero de’ ceppi forse sorpassa i 200mila, Lungo i fiumi e i ruscelli trovansi in gran numero i noci. Nelle vigne si coltivano i nocciuoli, i ciliegi, i peri, i susini, i peschi, i meli di diverse varietà. Le prime tre specie si trovano pure insieme co’ noci fuor delle vigne. Dopo le vigne sono poco estese le terre chiuse, nelle quali non vedesi altro che i castagni e gli alberi che abbiamo indicato colti nelle vigne. Egli è però vero che in qualche parte sgombra si semina. In che ragione stia l’area chiusa alla superficie intera territoriale non abbiamo avuto dati per computarlo.
La Pastorizia.
Il bestiame manso numera gioghi 80, cavalli 170, majali 216. Il bestiame rude consiste in pecore 14.000, capre 7.000, vacche 1.250, porci 1.600. I pecorai ed i caprai vanno a svernare in luoghi più miti, perché discendono dal paese ne’ primi di novembre, e non vi risalgono che a’ primi di maggio, quando i nuovi pascoli sono in piena vegetazione. Le altre specie restano nel paese. I formaggi sono di mediocre bontà, e i più comuni o bianchi che poi si smerciano in Napoli, salati nelle cantine. L’aumento delle gabelle poste nelle dogane di Napoli sopra questo prodotto, avea immiserito la condizione de’ pastori. Mentre in altri tempi un pecorajo reduce dalle maremme, portava quanto era sufficiente, e altro ancora, per provvedere per tutto l’anno a’ bisogni della famiglia; poi il frutto che si ebbe nella stagione invernale bastò appena per pagare i pascoli. Nel trattato però del 1846 la tariffa delle dogane napolitane fu ribassata, ed i pastori se ne avvantaggiarono. Il prodotto delle vacche e de’ porci è nello smercio degli stessi capi o de’ feti, per il lavoro o il macello. Sono in Tonara e nette sue regioni molti alveari, che danno un profitto notevole a’ proprietari. Il numero può stimarsi di circa 2000.
Il Commercio
Abbiamo notato tutti gli articoli che i tonaresi mettono in commercio, castagne, noci ed altre frutta, tavole e travicelli, tessuti, prodotti pastorali, formaggi, capi vivi, pelli, cuoi e lane , miele e cera; or converrebbe dare la cifra totale del guadagno; ma qui pure mancano i dati, e appena si può presentare come verisimile il totale di lire 110 mila.
Religione.
I tonaresi sono sottoposti alla giurisdizione dell’arcivescovo di Oristano, e sono curati nelle cose dell’anima da un rettore assistito da tre preti, che in altro tempo giunsero sino a sette. La chiesa parrocchiale ha per titolare e patrono l’Arcangelo s. Gabriele , chiesa non ben capace se poi intervenissero molti anche dai tre rioni inferiori, poco adorna, e poveramente provveduta. Entro l’abitato sono altre quattro chiese, due nel rione di Arasulè, una intitolata dalla S. Croce,che è oratorio della confraternita dello stesso nome, ove tengonsi i sacramenti del viatico e dell’olio santo per comodo del clero e del popolo componente quel rione; l’altra dedicata a s. Antonio di Padova, la quale resta in piccola distanza fuori del rione stesso. Le altre due sono prossime ai due rioni inferiori: quella di S. Leonardo in poca distanza da Taleseri, e quella di S.Sebastiano martire a pochi passi dal rione di Ilalà. Eravi sino al 1820 un’altra chiesa filiale detta di s. Anastasia, la quale fu poi profanata e distrutta, perché era mancata la sua dote, I tonaresi credono che quella sia stata la più antica parrocchia de! comune. Le feste principali che si celebrano in Tonara sono tre, e a queste concorre gran quantità di gente dai vicini paesi. La prima per S. Antonio di Padova ricorre addì 13 giugno. La festa dura due giorni, e la piazza delh chiesa prende l’aspetto d’un mercato. Dopo i vespri della festa si corre il palio; ma bisogna dire che i premi sono meschini, consistendo essi in alcune decine di palmi di velluto nero o azzurro. La seconda è festa votiva per S. Sebastiano, e cade nella domenica immediata alle feste di S. Antonio, onorata essa pure da molto concorso di forestieri; ma senza fiera e corsa. La terza è pure votiva in onore dell’Arcangelo Gabriele, e si celebra nel primo d’agosto. Questa è una delle feste che dicono de corriolu, nelle quali gli ospiti non solo sono trattati con tutta cortesia e lautezza, ma nel partirsi sono regalati d’un brano di carne (corriolu) per portarlo alla famiglia. Manca ancora il camposanto e i defunti sono sotterrati intorno alla chiesa parrocchiale, dentro il cortile.
Chiese campestri.
Appartenente alla parrocchia di Tonara, nel territorio di Sorgono, a circa due ore verso ponente, trovasi la chiesa rurale dell’apostolo S. Giacomo, il maggiore. Occorrendo la festa a’ 25 luglio , il clero di Tonara vi si porta e funziona. Ragione di questo fatto si è che questa era la parrocchia di un paese appellato Spasulè, deserta da circa 120 anni,e che gli ultimi abitatori del medesimo,essendosi ricoverati in Tonara,riconobbero per loro parroco il rettore di Tonara, il quale da quel tempo cominciò a intitolarsi anche rettore di Spasulè, per la giurisdizione canonicamente confertagli su quella parrocchia. Gli emigrati di Spasulè avendo seco portalo i loro diritti nel nuovo domicilio, e lasciatili a’ tonaresi, questi avrebbero dovuto avere la proprietà de’ territori di Spasulè, come erasi fatto in simili casi in molti altri luoghi; ma quei di Samugheo, di Sorgono e di Atzara, quando videro deserto Spasulè, invasero quel territorio e sel divisero, togliendosi ciascuno la parte che meglio gli accomodava. I tonaresi sentendosi inferiori contro i tre popoli collegati, si astennero dalla violenza, che sarebbe tornata inutile, anzi dannosa, e tentarono le vie legali per vendicare i loro diritti. La lite, come si dee supporre, per la conosciuta natura degli avvocati, fu tratta in lungo, poi quando la causa parea matura, allora, non si sa né come né perché , sì cessò dalle instanze. Sospettasi che i tre paesi persuasi di esser obbligati a rimettere a’ tonaresi le terre di Spasulè, abbiano corrotto quelli che nel paese avevano maggiore influenza. Restano poi dentro i termini veri di Tonara in vari punti tali vestigia , che provano avervi abitato altre tribù. Non è però rimasta alcuna notizia né del nome delle popolazioni, nè del tempo in cui furono abbandonate, nè di altro accidente, per cui sieno cadute, A ponente del paese a circa un quarto d’ora nel luogo detto Petras-lobadas, scavando si sono trovati veri oggetti di archeologia, e diverse monete. Ad ostro a circa mezz’ora nella regione detta Santu Leo sono vestigie di antiche mura. Alla stessa parte, a mezz’ora da Ilalà, nel luogo detto Su Mamui, vedonsi altri inidizii, a’ quali i tonaresi danno il nome di Bidda intra errios (villa tra’ rivi). E finalmente alta parte di maestrale, nel luogo detto Mattalè, in distanza di tre quarti d’ora, si osservano altre indicazioni di antica abitazione. Non si può notare in questo territorio nessun nuraghe.