martedì 20 marzo 2012

TONARA LAWRENCE D.H.


  

Sono passate le tre e c'è freddo dove non c'è il sole. La Stazione a cui ora ci si ferma è l'ultima prima di Sorgono. E i contadini qui si svegliano, si gettano le bisacce sulle spalle, scendono a terra. Lontano vediamo Tonara, in alto. Vediamo il nostro vecchio contadino in bianco e nero accolto dalle sue due donne che sono venute a prenderlo col cavallino: le figliole, belle nei vividi costumi rosa e verde. I contadini, uomini in bianco e nero, e uomini in marrone con le brache strette sulle cosce compatte, donne in bianco e rosa, cavallini con la sella a bisacce, tutto comincia a sfilare su per la strada in salita, bellissimo, verso il lontano villaggio appollaiato nel sole: Tonara, un grosso villaggio che risplende nel sole come una Nuova Gerusalemme.
. (…) Scendemmo in una stretta valle profonda, fino all'incrocio stradale e all'osteria, poi di nuovo salimmo, su e su per un ripido pendio, verso Tonara, il villaggio che avevamo visto il pomeriggio prima, nel sole. Ma lo accostavamo ora per di dietro. E come entrammo nella luce del sole, la strada infilò una lunga curva su un aperto ciglio tra due vallate.
Così, dritto innanzi a noi, vedemmo uno sfavillare di scarlatto e di bianco. Era in lento moto. Era una lontana processione, scarlatte figure di donne, e una grande immagine che lentamente lentamente moveva via nella mattina di domenica. Andava lungo l'assolato ciglio eguale a picco su una profonda vallata. Una fitta processione di donne che sfavillava in scarlatto, bianco e nero, muovendosi nella distanza, con lentezza, verso una vecchia chiesa isolata, sotto le grigio-gialle costruzioni del villaggio appollaiato sulla cresta; e tutto lo stretto altopiano era come un ponte di luce solare. L'avremmo vista ancora? Di nuovo l'autobus svoltò e corse per la strada ora piana e quindi prese un'altra dirczione. E là in fondo, un po' in basso, vedemmo la processione venire. L'auto­bus rallentò, si fermò, e noi saltammo fuori. Sopra a noi, vecchia e molliccia tra lisce rocce e spruzzi di erba piatta, c'era la chiesa, e sonava la sua campana. Dirimpetto, sempre sopra, c'erano vecchie, semidiroccate case di pietra. La strada veniva su in dolci curve da quanto pareva fossero due villaggi addossati l'uno all'altro sull'ardua cresta del pendio a mezzogiorno. Lontano, giù da quel pendio c'era l'altra vallata, con un bianco sbuffo di macchina ferroviaria.E lentamente cantando nella prossima distanza, piegando incontro a noi sulla strada bianca tra l'erba, avanzava la processione. L'alta mattina era immobile. Noi stavamo su quel ciglio sopra il mondo, con a destra le profondità di silenzio, appiè di noi. E in uno strano, breve staccato di monodia cantavano gli uomini, in un vivo, leggero stormire rispondevano le voci delle donne. Poi ricominciavano gli uomini. Il bianco era di uomini, non di donne. Il prete in tutto il suo apparato di tuniche e stole, coi suoi ragazzi allato, conduceva il canto. Subito dietro a lui c'era un piccolo gruppo di alti uomini abbronzati dal sole, contadini di montagna, che, a testa nuda, e in pantaloni di velluto dorato, procedevano curvi sotto il peso di una grande immagine a grandezza naturale di Sant'Antonio da Padova. Veniva quindi un ceno numero di uomini in costume, ma con le bianche brache che pendevano ampie e sciolte sin quasi alle caviglie invece di essere costrette nelle uose nere. Così essi sembravano molto bianchi sorto la nera increspatura del sottanino. Il nero giustacuore di panno era tagliato corto come una giacchetta da sera, e i berretti a calza erano inerpicati sulle ceste nei modi più vari. Gli uomini cantavano in cupo, basso cono melodico. Poi veniva il frusciante scampanio delle voci femminili. E la processione strisciava lenta, avanzava senza scopo a tempo col canto. La grande immagine cavalcava rigida, e piuttosto assurda. C'era un vuoto dopo gli uomini: poi il cuneo sgargiante delle donne. Esse procedevano a due a due, strette l'una alle calcagna dell'altra, e cantavano con brusca ripresa come il loro turno veniva, sgargianti e belle nei loro costumi. Le prime file erano di ragazzine, due per due, subito dietro ai grandi uomini in bianco e nero. Bambine, timide e convenzionali, in vermiglio, bianco e verde... ragazzine in lunghe gonne di panno scarlatto che scendevano loro sino ai piedi con una banda verde vicino all'orlo; in grembiuli bianchi orlati di vivido verde e di un colore diverso; con un piccolo bolero scarlatto, fermato in porpora sulla gonfia camicetta bianca, e neri panni in testa annodati sotto il mento che lasciavano appena le labbra scoperte, incorniciando il taccino nero. Ragazzine meravigliose, perfette e timide nel rigido costume sgargiante, con le teste vestite di nero! Rigide come principesse di Velasquez! Seguivano ragazzine più grandi, ragazze vere e proprie, poi le donne mature, una fitta processione. Le lunghe gonne vermiglie con le bande verdi in fondo erano una solida massa mobile di colore che ondulava, ondulava morbidamente, e i grembiuli bianchi con l'orlo vivido verde alterno sembravano scaglie di luce. Le bianche camicette gonfie erano legate sotto la gola con grandi borchie di filigrana d'oro, due globi di filigrana agganciati l'uno all'altro; e le ampie maniche bianche sgorgavano dallo scarlatto bolero orlato di verde e purpureo. Le facce si avvicinavano, incorniciate nei loro panni scuri. Tutte le labbra cantavano nelle repliche, ma tuttti gli occhi ci guardavano. E la massa colorata della processione giunse con un morbido ondeggiamento sino a noi: il panno scarlatto-papavero ondeggiò liscio a fondersi tutto insieme, le bande e le strisce di verde-smeraldo parvero fiammeggiare tra il rosso e il bianco vivo, gli occhi scuri si fissarono su di noi sotto ai neri cappucci e si giravano a star fissi su di noi in intensa curiosità, mentre le labbra si muovevano automatiche cantando. L'autobus si era fermato dal lato interno della strada, e la processione dovette nel sorpassarlo stringerlo da presso, spostandosi verso il ciglio affacciato sul cielo alto sulla grande vallata sottostante. Il prete guardò, il brutto Sant'Antonio traballò da una parte un poco mentre superava la sagoma quadrata del grande autobus grigio, coi contadini nei vecchi pantaloni umidicci di velluto color d'oro, che sudavano sotto il carico e pur cantavano a labbra socchiuse; le bianche brache degli uomini si agitarono nell'atto che quelli passavano con le mani dietro la schiena; e le facce si voltavano, per continuare a guardarci. Oh, le grandi mani dure, giunte dietro la schiena sulla nera increspatura del sottanino! Ed ecco le donne sospingersi lentamente anche loro oltre l'autobus, dondolando lo scarlatto e le bande di verde delle gonne, torcendosi indietro a guardarci ancora mentre sempre cantavano. Così tutta la processione passò, e ora sfilava in su, saliva massiccia contro il cielo verso la vecchia chiesa. Da dietro, lo scarlatto geranio delle gonne era incenso, si vedeva il dorso accuratamente, curiosamente tagliato dei bolero color rosso-papavero con i ricami malva e verde, e delle camicette si scorgeva appena una striscia bianca alla cintola. Le maniche rigurgitavano, i panni neri delle teste pendevano a punta, e ondulavano, ondulavano lentamente le increspate gonne, in un moro che le larghe strisce di verde accentuavano perché andava­no indietro e avanti, indietro e avanti in meraviglioso moro orizzontale, indietro e avanti in una lunga, folta ricca striscia di verde gioiello, in meraviglioso moto orizzontale di soave vermiglio, e davano uno statico fulgore a quel moto di contadine cosi magnifico di geranio e malachite. Non tutti i costumi erano esattamente eguali. Alcuni erano più ricchi, altri meno, di verde. E il rosso dei bolero era in alcuni più scuro, in altri meno. E i grembiuli erano in alcuni più poveri, senza ricami colorati tutto intorno. E se ne notavano di vecchi, di molto vecchi: costumi vecchi anche di trent'anni, ma perfetti ancora, conservati per le domeniche e le grandi feste. 11 vermiglio era diventato scuro, molto scuro in questi. Ma questo variare del tono rendeva canto più intensa la bellezza del femminile esercito in moto. Come poi ebbero tutti infilata la piccola chiesetta grigia ch'era sopra di noi, l'autobus scivolò silenziosamente per fermarsi più giù al suo solito posto di fermata, e noi ci arrampicammo per il sentiero tracciato nella roccia su su fino alla chiesa. Arrivammo a una delle porre laterali e trovammo tutto pieno. All'altezza di noi che stavamo sulla soglia della porta aperta, vedemmo in ginocchio sulle nude lastre di pietra le ragazzine, e dietro le donne in ginocchio sui loro grembiuli in file serrate, le mani negligentemente unite nel gesto della preghiera, riempiendo la chiesa sino alla lontana porta aperta dove brillava forte il sole: la grande porrà principale aperta sul ponente. Nell'ombra della bianca chiesa ignuda tutte quelle donne in ginocchio coi loro colori e i loro panni neri sulle teste sembravano una fitta aiuola di fiori, gerani incappucciati di nero. Stavano tutte in ginocchio sulla nuda pietra del pavimento. C'era un po' di spazio libero davanti ai gerani delle ragazzine, poi cominciavano le file degli uomini, ed erano gli uomini in pantaloni di soffice oro inginocchiati in posa di goffa reverenza, con le scure ceste tonde, poi gli uomini dalle bizzarre corazze nere e le gonfie maniche bianche, con le teste grigie e molti con la barba. Quindi, proprio di fronte a essi emergeva in piena vista il prete nella sua corta bianca e stava giusto per attaccare baldanzosamente una predica. Sant'Antonio da Padova era stato posato accanto all'altare, e là esso troneggiava piuttosto pieno di sé, moderno, sorridente a vuoto, con un bambino tra le braccia. Sembrava una specie di Madonna maschile. "Ora" diceva il prete, "il beato Sant'Antonio vi mostra in che modo dovete essere cristiani. Non è, non è abbastanza che non siate turchi. Alcuni credono di essere cristiani perché non sono turchi. Vero che nessuno di voi è turco. Ma voi avete ancora da imparare come essere buoni cristiani. E questo voi potere impararlo dal nostro beato Sant'Antonio. Sant'Antonio..." Il contrasto fra turchi e cristiani è ancora violento nel Mediterraneo dove i maomettani hanno lasciato una impronta così forte. Ma come mi dà ai nervi la parola cristiani, cristiani pronunciata con particolare untuosità pretesca. La voce di quel prete è sterile nella sua omelia. E le donne guardano tutte intensamente l'a-r e me sulla porta, tenendo giunte le mani con molta negligenza. "Andiamo!" dico. "Andiamo e lasciamo che ascoltino.'" Lasciammo la chiesa affollata della sua turba in ginocchio, e andammo giù tra le case smantellate verso l'autobus che stava su una specie di belvedere, una terrazza spianata con qualche albero intorno, silenziosa sopra la valle. Non sarebbe staro strano vedere soldati armati di archibugi che vi montassero la guardia. E io sarei stato contento di un'incursione di infedeli, che ci tirasse un po' fuori dalla nostra cristianità. Ma era un posto meraviglioso. Di solito noi si calcola la vita al livello del mare. Ma qui, nel cuore della Sardegna, la vita ha il suo luminoso altopiano, e il livello del mare è lontano da qualche parte, giù nella oscurità di là dai monti, e non ha senso. La vira vi ha alto il suo livello, alto e dolce di sole tra le rocce. Restammo fermi a guardare sotto nella valle lo sbuffo di fumo ferroviario, lontano nella boscosa valle per la quale eravamo passaci il giorno prima.C'era una vecchia, bassa casa su quella piazza d'aquile. Mi sarebbe piaciuto vivere là. Il villaggio vero e proprio, composto di due villaggi uniti insieme come un orecchio col suo pendente, si alzava più in là, nel fondo, come uno sporto accanto al culmino del lungo, ripido pendio boscoso che non aveva fine giù per le sue profondità d'ombra. E per quel pendio il giorno prima era salito il vecchio contadino del treno con le sue due sgargianti figliole, e il cavallo carico delle bisacce. E da qualche parte in uno di quei due perlacei villaggi disposti in riga là di fronte doveva esserci il mio girovago col suo compagno. Mi sarebbe piaciuto vedere il loro banco alla fiera, e bere acquavite con loro. "Che bella la processione!" disse l'a-r rivolgendosi al conducente.