Gran parte di questa raccolta di poesie è ispirata dall'orgoglio della sardità ed è concepita e intesa come messaggio morale e civile per la salvaguardia dell'identità di un popolo che deve ritrovare il suo destino di protagonista nella sua storica e sfortunata esperienza. In sintesi, questa è la sostanza dell'impegno appassionato di Raffaele Casula, poeta di Tonara, il quale riprende nella sua feconda creatività, con versi ispirati, le annunciazioni innovative dell'originalità di Peppino Mereu.
Riesce, tuttavia, ad ampliare e a sviluppare le
tematiche etniche, sociali e storiche di una cultura di vaste proporzioni che
non è emersa soltanto dalla civiltà e dal contesto di un solo villaggio, ma è
soprattutto la memoria della comunità.
Il poeta, ancora adolescente, s'incantava seguendo con attenta concentrazione i versi intonati col canto degli aedi estemporanei che, nelle notti di sagra, dal palco infiorato esibivano alla folla partecipe e silenziosa concetti, ricordi, esempi, episodi e richiami che riportavano sempre al lavoro e alla fatica umana, al senso di giustizia e di doverosa solidarietà, alla misera vita degli umili e degli oppressi, all'arroganza dei potenti e alla condanna alla sopravvivenza con scarso e amaro pane, allo sguardo al passato nelle vicende della piccola patria, isola misteriosa e solitaria, quasi cristallizzata in una sorte immutabile di segregazione, come se il tempo avesse trovato difficoltà a fluire cambiando il destino della gente.
Divenuto più maturo, Raffaele Casula, assurto al ruolo
di "omine balente", padrone di quella sorta di
"Koiné" espressiva che è il vero linguaggio degli aedi ispirati, si è
a lungo per anni esercitato nelle occasioni e nei luoghi "deputati":
raduni, "Sos zilleris'", gli ovili e i rituali "de su
tusorzu", nelle feste familiari e paesane, in incontri con amici lontani,
nella partecipazione ai cimenti di versificazione orale, nella sfida e nelle
dispute, col coraggio tipico dell'ardimento giovanile per raggiungere una certa
maturità.
Quest'esercizio gli ha consentito di comporre
un'infinità di versi, di pubblicare i suoi elaborati in riviste e antologie e
di partecipare ai concorsi di poesia sarda e di prosa letteraria, meritando
premi ad Atzara, a Oschiri, a Posada (due volte), a Frores de monte di Austis,
ad Ozieri (in tre occasioni) e in altre circostanze.
La raccolta presentata in questo libro, dal
titolo "Beranos de incantu", rivela nell'autore – che è
nato nel 1919 – una positiva maturità, quasi la sintesi della sua
tematica consolidata: la famiglia, gli antenati, la ricerca della serenità, la
terra madre, il degrado dell'ambiente, il senso dell'ospitalità ( > In
s'orizzonte bellu chi s'arreat / in s'adde de su coro geniale / gelosamente su
Sardu s'impreat / pro fagher cun s'appittu naturale, / de custa ismentigada
terra mia, / un'isula donosa e ospitale), i problemi sociali,
l'emigrazione, il pacifismo, sos tempos tirriosos, s'ispera,
la bestialità degli incendiari ( > Custa Sardigna nostra ismentigada
/ non bastat ca sa sorte la trascurat, / sa zente puru vendetta li giurat / pro
la 'ider piùs disisperada ! / Dogni annu su vile incendiariu / dae mare a su
monte ponet fogu / pro brujare sa flora in dogni logu / e fagher de Sardigna
unu calvariu..), il ricordo della pratica dell'abigeato, la coscienza etica
della tradizione, il degrado della politica, le nuove scoperte, la
contemplazione del paesaggio ( > no esistit niunu monumentu / nè
colosseo e nè vaticanu / chi paragonen cun su Gennargentu ... ), il
pregio del lavoro artigiano ( > su telalzu de linna istagionada, /
sos istrumentos de sa tessidora / faghen parte 'e sa vida ismentigada.) e
così potremmo continuare la verifica nelle altre piacevoli pagine di questo
interessante volume, al quale non resta che augurare il successo che merita,
sia per i versi fluidi e "naturali", sia per l'impegno
di questo maestro che si è proposto di educare il popolo con semplicità, con
sapienzialità e con intenti di alta morale: le cose più genuine e più
preziose per un messaggio positivo.
Tonara, nel ricordo della sua tradizione poetica e
delle frequenti e seguitissime gare di improvvisatori; nel nome e nella memoria
di Peppino Mereu, che ha dato una provvidenziale scossa all'arcadia
isolana che non si decideva a morire e ha aperto la via a nuovi contenuti, alla
luce della realtà storica; nella considerazione della simpatia e della
cordialità dei solerti maestri dei campanacci, degli utensili di ferro battuto
e degli incisori decoratori del legno; nella stima e nell'ammirazione per la
creatività delle sue donne nella tessitura, nella produzione degli squisiti
torroni e del pane che ha il significato delizioso del lavoro; nell'incanto
delle suggestive visioni alpestri di sorgenti, ruscelli, boschi e orti; nella
rivalutazione delle risorse del villaggio montano, aggiunge ai suoi pregi anche
l'arricchimento spirituale con la nascita di questo volumetto che ha il profumo
delle primavere barbaricine e che sintetizza il gusto per tutto ciò che sa
esprimere la poesia e che è l'antico retaggio di una gente viva,
laboriosa, tenace e intelligente.

