sabato 4 febbraio 2012

Turrones e turronargios in Tonara e ateru logu (Servizio del 9 aprile 2006) (2)



Turrones e turronargios in Tonara e ateru logu
(Servizio del 9 aprile 2006)

   Approfondimenti sulle origini del torrone in Sardegna

   I produttori di torrone della Barbagia hanno da sempre ritenuto che la ricetta del rinomato dolce fosse di derivazione spagnola. I primi due versi di un motivetto cantato attorno a sa moriga, lo strumento che, all'interno della caldaia, favorisce, cadenza e plasma tutti i passaggi di cottura del miele e dell'albume dell'uovo, alludono alla leccornia di Alicante, cittadina iberica sul Mediterraneo. Il richiamo ad Alcant, il nome con cui venne denominata dagli arabi quando la conquistarono nel 710, é abbastanza eloquente. Fonti storiche riferiscono che el turron es de procedencia arabe e che nel secolo sedicesimo nella città di Sexona, più tardi Jijona ya se fabricaban los tradicionales turrones. E' copiosa al riguardo la bibliografia sobre el turron de Jijona y de Alicante.
   Per i cremonesi, che fanno derivare il nome del torrone dalla torre campanaria del Duomo chiamata il Torrazzo, le origini dolciarie si fanno risalire al 25 ottobre del 1441, giorno del banchetto nuziale tra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza.
   Per alcuni produttori avellinesi la tradizione vuole che sia stata tramandata dagli antichi romani. Nel periodo che corre dal 116 al 26 a.C. circa, con il nome di cuppedoMarco Terenzio Varrone il Reatino, definiva così una ghiottoneria del suo tempo.
   Dalla Sicilia alcuni produttori nisseni, così vengono chiamati gli abitanti di Caltanissetta, precisano che le loro tradizioni affondano le radici nel nono secolo dopo Cristo, epoca in cui l'isola era sotto la denominazione araba.
   Solamente noi sardi, che in uguale modo abbiamo sofferto per le continue scorrerie dei saraceni dal settimo secolo sino all'anno Mille, siamo privi di tradizioni e purtroppo dobbiamo fare affidamento al motivetto cantato a Tonara sino alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso:
E mi dos fatzo is turrones / is turrones de Alicante
   Ogni sforzo teso a recuperare brandelli di verità intorno a questo legame sardo ispanico, durato ben quattro secoli, si è rivelato infruttuoso ed improduttivo: più miele amaro che dulcis in fundo.
   Per quanto concerne la confezione, lo smercio e la bontà del prodotto nella prima metà dell'Ottocento abbiamo notizie interessanti dal dizionario del Casalis a merito di padre Vittorio Angius. Sono citati i centri di Tempio, Pattada, Sassari, Mamoiada e Sanluri. A Tonara, purtroppo, gli articoli trattati riguardano solamente castagne, noci ed altre frutta, tavole e travicelli, tessuti, prodotti pastorali, formaggi, capi vivi, pelli, cuoi, lame, miele e cera. Nella corrispondenza tenuta dal tonarese Antonio Tore, di stanza ad Ales in qualità di vescovo e posteriormente a Cagliari nelle vesti di arcivescovo, si fa riferimento alle solite regalie di frutta secca e formaggi da parte dei suoi familiari oppure di pardulas da Meana o scandalaus e guevus (sic) da Oristano da parte di conoscenti.
   Per quanto riguarda la seconda metà dell'Ottocento si ha una prima segnalazione del torrone a Guspini nell'anno 1852. Gli archivi del comune riportano la documentazione di alcune contravvenzioni elevate a danni dei venditori ambulanti Giacomo MuruRaimondo Racis e Antioco Atzori colpevoli di non aver provveduto alla verifica legale dei loro strumenti di misura.
   Dopo i napoletani, riferisce Antonio Ballero in un suo servizio da Nuoro sulla fiera di San Mauro del 1891 nel periodico n.17 di Vita Sardadue lunghe righe di donne di Tonara, rivenditrici di turrones (mandorlato fatto col miele) - povere vittime, in tutte le feste della Sardegna degli scherzi osceni degli ubbriachi, condannate a stare giorno e notte sempre sul chi vive, accanto al loro tavolino sciancato, senza prendere un'ora di sonno, un minuto di riposo, pallide, sparute, bruciacchiate dal sole.
   Nell'articolo titolato Gonare, n.20 del 1892 di Vita SardaGrazia Deledda racconta che le espositrici tonaresi fiere nel loro costume stravagante, orribilmente stretto alle anche, pallide e mute, segavano con coltelli affilati i torroni, fatti dalle loro stesse mani, o misuravano le nocciuole colte nei loro boschi inesplorati. Sono le prime documentazioni sulla storiografia del dolce tonarese.
    Ma torniamo ai secoli addietro. Uno dei motivi principali che inducono gli studiosi a fermarsi nella corsa a ritroso nel tempo, per inseguire qualsiasi pista che possa fornire notizie preziose sul prodotto in questione, si deve al fatto che le citazioni su alcuni ingredienti interessati alla confezione non riconoscono ad essi, specie nel settecento, il giusto apprezzamento dei secoli successivi. Secondo la descrizione di Andrea Manca Dell'Arca presentata in Agricoltura in Sardegna, un lavoro del 1749 edito nel 1780, risulta infatti che il miele, è maggiormente utilizzato in campo farmaceutico piuttosto che in quello gastronomico. Null'altro che un purgante, una lozione per capelli o un additivo per condimenti.
   Da una documentazione del Comune di Guspini si rileva inoltre che gli aritzesi nel 1791, in occasione della fiera di santa Lucia, non vendevano altro che nuezes, avellanas, y castañas. Peccato, un vero peccato!
   Intanto dall'archivio di Stato di Cagliari arriva una buona notizia. Qualcuno ha trovato documentazioni interessanti sul torrone. Nulla a che fare con le licanias di Alicante. Il merito è tutto da ascrivere al ricercatore dilettante Vincenzo Spiga di Quartu il quale ha rintracciato un eccezionale documento storico, lo ha decodificato, ne ha fatto la traduzione dal catalano e ci ha consegnato il tutto. Dalle nostre verifiche risulta che il dolce confezionato a Cagliari nel sobborgo di Villanova, è di due qualità: bianco e nero. Per ogni cottura del primo tipo, Pietro Sanna, un operaio sassarese, percepirà sette soldi mentre per ognuna del secondo tipo appena cinque. Ricordiamo intanto che la lira sarda è divisibile in quattro reali, ogni reale in cinque soldi ed un soldo in dodici denari. Il datore di lavoro, Battista Sollai, farmacista della citata borgata, oltre alla paga pattuita gli favorirà anche il vitto. Per l'alloggio sarà il prestatore d'opera ad occuparsene. La data del contratto è quella del 7 dicembre 1614 ma i lavori delle cujtures de torrons blanchs j negres inizieranno il giorno 9 ed avranno termine alla vigilia di Natale. Nel documento, redatto dal notaio Giovanni Tocco, è precisato che si lavorerà solamente nei giorni feriali. Tra i testi è segnalato Francesco Boiun corredor publich ossia un funzionario addetto alle aste pubbliche.
   Osservando meglio la Cagliari di qualche tempo prima, attraverso la planimetria del Münster che è del 1550, sembra che la disposizione delle varie borgate di cui la città è costituita, assuma l'aspetto di un piccione accovacciato che guarda verso il mare. In particolare il corpo indica l'agglomerato di Castello, il capo Lapola, l'ala destra Stampace e quella sinistra Villanova.
   Nella borgata superiore si trovano le grandi torri, i severi propugnacoli, l'episcopio, il palazzo regio, i magazzini di grano, le cinque fontane alimentate dai profondissimi pozzi noria, i mercati del formaggio e della carne, le classi dominanti, le piccole rappresentanze di giudei, gli schiavi con le catene ai piedi, tante guardie spagnole, le carceri ed i possenti portali che a una certa ora sprangano l'accesso a chiunque.
   Il sobborgo di Lapola si contraddistingue per la presenza dell'ospedale, per l'insolito operare degli operatori portuali ma anche per il lugubre quadro offerto dal patibolo eretto nei pressi dell'odierna piazza Costituzione.
   La borgata di Stampace è caratterizzata da una grande piazza e dal convento di Santa Chiara mentre nell'appendice cittadina di Villanova la chiesa di San Giacomo, il tempio di San Giovanni, il monastero di San Domenico, la porta Cabanias e una copiosa fontana fanno quadrato alla folta schiera di botteghe di piccoli commercianti.
   La planimetria del Münster, fredda e asettica nelle sue informazioni storiche di quasi cinquecento anni fa sembra oggi suggerirci una lettura diversa, quella di un colombo viaggiatore che si prepara per un volo liberatorio verso il Golfo degli Angeli per comunicare a tutti i popoli del Mediterraneo, seppure con molto ritardo, che il torrone, di derivazione araba, veniva confezionato anche in Sardegna, esattamente a Cagliari, in quel di Villanova, già dagli inizi del diciassettesimo secolo.
   Il presente servizio è stato pubblicato in data 9 aprile 2006 nel n°14 del settimanale arborense Vita Nostra