sabato 4 febbraio 2012

Turrones e turronargios - Indicazioni sulla sagra di Pasquetta 1 - di Giovanni Mura


Turrones e turronargios in Tonara e ateru logu (1)
(Servizio del 2 marzo 2001)

    Indicazioni sulla sagra di Pasquetta
   Che la campagna tonarese non si possa presentare per Pasquetta, in occasione della sagra del torrone, nelle sue vesti migliori, lo si deve al fatto che le varie colture arboree non rispondono, in questo periodo allo stesso modo e negli stessi tempi ai richiami della primavera.
   Le tinte di intenso verde diffuse a tutto campo dalle poche estensioni di lecceti, dalle numerose pinete e dalle rare abetaie che insistono sul territorio, non possono rimediare all’impatto delle tonalità di grigio e di scuro espresse dagli habitat dei castagneti e dei noccioleti ancora in letargo. Si ha l’impressione che queste colture, prive del loro manto fogliare, protendano inutilmente verso l’alto i loro rami quasi a proteggere con molta umiltà la loro nudità e quella del sottobosco che le nutre e sostenta.
   Più gradevole il biglietto da visita offerto da tutte quelle piante spontanee che sono riuscite a trovare spazio nei bordi delle strade, nelle piccole estensioni curate a prato oppure in quelle piccole aree orfane di sottobosco. I colori evidenziati dalla fioritura e dal manto vegetativo dell’insieme si integrano felicemente con i quadretti di intenso bianco o di bianco rosa rappresentati dalle fugaci apparizioni de peri e dei ciliegi in fiore.
   Per raggiungere la vasta conca a forma di ellissoide o meglio la elegante bomboniera su cui si adagiano i centri montani di Tonara, Belvì ed Aritzo, non bisogna percorrere tanta strada, ma a causa della tortuosità di un tracciato non sempre agevole è necessario spendere dei tempi decisamente superiori alla media. In ogni caso ne vale sempre la pena.
   Che la popolazione risponda invece in modo egregio alle attese dei numerosissimi ospiti lo si capisce sin dalle prime manifestazioni in programma nella giornata. Encomiabile la disponibilità dei tantissimi artigiani impegnati nelle attività connesse alla lavorazione del torrone, dei campanacci e del legno ed altrettanto valida la collaborazione espressa da tutti gli operatori addetti alla ristorazione, alla degustazione dei prodotti tipici delle sagre mercato. Insolito il punto di fuga pennellato dal carosello infinito delle bancarelle di oggettistica nazionale ed estera.
   Degni di menzione saranno l’intenso traffico automobilistico e l’incontenibile flusso e riflusso di visitatori sulle arterie principali del paese. Potremo anche compiacerci di osservare il simpatico arrembaggio alle postazioni di vendita dei torronai tanto che verrà quasi spontaneo chiedersi se valga ancora l’antico monito o rimprovero rivolto ai minori: Ma ite du ada turrones!
   Il torrone, al lemma turrione del valido dizionario in lingua sarda di Mario Puddu, è definito, nella variante logudorese, una zenia de durche fatu cun chiu de mendhula ispizolada e mele (ma fntzas tucaru) con l’integrazione dovuta al dialetto tonaresee de gios de cocoro e de lintzola.
   Qui di seguito l’elenco dei torronai presenti all’ultima sagra del millennio scorso:
Massimiliano Tore del rione di TeliseriGesuino CadedduGianni PattaGiovanni Patta e Francesco Todde del rione di Toneri, Costantino Peddes e Bruno Porru del rione di Arasulè e Adriano Demurtas, Carmelo Demurtas, Giuseppe Demurtas, Gabriele Peddes, Gian Luigi Noli, Salvatore Pili, Settimo Piras, Giovanni Poddie, Tonino Zucca e Maria Antonietta Zucca del rione Su Pranu.
   Erano presenti inoltre Sebastiano Podda, tonarese domiciliato in Oristano, ed Antonio Maxia di Aritzo.
   Virtualmente è da considerare sempre presente anche Lussorio Cadeddu, un figlio d’arte che da circa quaranta anni gestisce quotidianamente, lontanissimo agli antipodi, sotto cieli cifrati da altre costellazioni, a qualche piccola ma pur sempre significativa frazione di secondo luce, in terra d’Australia a Sidney, gli stessi articoli di produzione tonarese.
   Ci sia consentito ora un breve passaggio dell’ospitalità riservataci lo scorso anno durante un viaggio di istruzione in Barbagia denominato Norie, Mulini e Gualchiere. Per l’occasione avevamo appena reso visita all’azienda dolciaria dei Pruneddu, con tanto di assaggio gratuito per tutti i partecipanti, un centinaio circa, e già ci apprestavamo a raggiungere la bottega di un noto operatore nell’arte dell’intaglio del legno, quando, in prossimità del punto di flesso di quella serpentina stradale che all’uscita del paese va a ricucire e modellare gli ultimi segmenti edilizi del nuovo rione, fummo richiamati dallo sbracciare concitato ed animato di alcune donne vestite in bianco di tutto punto. Sembravano per via delle bianche cuffiette raccolte sulla nuca, delle infermiere del pronto soccorso. Venite, venite quassù. Accorremmo in massa e fu torrone buono per tutti. Erano rappresentanti della Ditta Poddie-Corongiu.
   A causa del poco tempo a disposizione, tempo che è sempre tiranno in questo tipo di gite programmate, non potemmo rendere visita ad un’altra grossa azienda di Toneri, quella dei Pili. Avremmo certamente potuto concederci ad altri ulteriori assaggi agli squisiti bocconcini a base di mirto e di limoncello. Sarà per un’altra volta. La gualchiera di Tiana, l’unica in Sardegna ad insistere ancora nel suo alveo naturale, era in forte apprensione per noi.