domenica 12 ottobre 2025

Il telaio storico di Tonara


di alusac eleirbag

Camminavo nella via Peppino Mereu, l'aria frizzante dell'autunno in barbagia di quest'anno che mi pizzicava il viso. Ero in cerca di angoli meno battuti, quando, quasi per sbaglio, mi sono imbattuto in questa loggia, una piccola corte che si apriva inaspettatamente dal fianco della strada. L’occhio mi è caduto subito in profondità:
 ho visto improvvisamente un telaio storico. Era lì, imponente e silenzioso, nell'ombra, e più in là, ho notato l'antico funnagu, dove anticamente alloggiavano i buoi del padrone di casa negli anni '40 e '50.

Vicino al telaio c’era Pinuccio. Ci unisce un’amicizia antica, una conoscenza che si allarga anche a una lontana parentela per via di sua nonna, tia Maria Orru, che era prima cugina di mio nonno Pietro. L’ho salutato e, senza perdere tempo, i miei occhi sono tornati a quell'oggetto meraviglioso.

“Gabriele, finalmente ti vedo da queste parti!” mi ha

detto con un sorriso accogliente, vedendomi attratto dal legno antico. “Stai ammirando il nostro pezzo di storia.”

“È incredibile, Pinuccio. Un telaio così antico, e ancora in uso? Mi sembra di tornare indietro di un secolo,” ho risposto io, avvicinandomi.

Pinuccio ha cominciato a raccontare, i suoi occhi che brillavano di un orgoglio contagioso. Mi ha parlato subito del loro interesse per mantenere viva non solo la storia del telaio stesso, ma l’intera tradizione della tessitura in un paese come Tonara. Mi ha ricordato che negli anni '30 e '40, Tonara vantava da due a trecento iscrizioni di tessitrici e tessitori alla Camera di Commercio, soprattutto di tessitrici con telai a muro che occupavano poco spazio.

“Ma questo è diverso,” mi ha spiegato Pinuccio, posando una mano sul legno. “Questo è un telaio orizzontale, uno dei più antichi. Oggi, ci permettiamo ancora di tessere Sa fanuga con esso.”

Abbiamo discusso a lungo dello studio e della conservazione di questo telaio, che un tempo era appartenuto a Tia Maria, sua madre, e a Tia 

Maria Orru. Pinuccio era convinto, come me, che queste tradizioni non potessero essere dimenticate. Proprio questa donna, Tia Maria, me la ricordo, e le fotografie esposte nell’ingresso della casa-museo la ritraggono mentre gramenava la lana per le vie di funtana idda e su fossu, sulla strada che porta alla chiesa di San Gabriele.

Pinuccio poi, quasi come se volesse svelare un segreto prezioso, mi ha indicato la targa che riassumeva l'epopea di quell’attrezzo. Questa è la storia del telaio:

ANTICO TELAIO ("TELARGIU A SEZZERE") PER LA TESSITURA DI LANA, COTONE, LINO, CANAPA TELAIO OPERANTE DAI PRIMI ANNI 800 E DONATO DAL CANONICO "PIETRO TODDE" (TONARA 1825-ORISTANO 1908) ALLA NIPOTE "MARIA TODDE", (CONIUGATA CON "GIOVANNI DEARCA" NOTO Tiu NANNEL), LASCIATO IN EREDITA' ALLA FIGLIA "BONARIA DEARCA" (CONIUGATA CON GUISEPPE PISTIS), DONATO COME REGALO DI CRESIMA NEL 1932 ALLA FIGLIOCCIA "PEPPINA CARBONI", TESSITRICE ULTRACENTENARIA (1915-2018) TELAIO IN PERO SELVATICO COSTRUITO AD INCASTRI, CON PARTI IN CASTAGNO, NOCCIOLO, ERICA, CANNE. RIPULITO E RESTAURATO NEL 2003 - 2005 CON LEGNI ORIGINALI ANTICHI MARIA ORRU, PEPPINA E GINA CARBONI" PREPARANO L'ORDITO ("S'ISTROBU") NEGLI ANNÌ 35/40 IN VIA "COAIGNA". TELAIO FILMATO A TONARA DALL'ISTITUTO LUCE NEL 1940/1945, TESSITRICE "GINA CARBONI" LE IMMAGINI SONO STATE UTILZZATE PER IL FILM "SONOS E MEMORIA"

Ma la cosa interessante che ho notato è che Pinuccio si è concentrato sui particolari, sugli strumenti e gli accessori che fanno il telaio, che mi ha descritto con passione.

“Vedi, Gabriele,” mi disse Pinuccio, accarezzando la superficie ruvida e calda del telaio, “la vera bellezza sta nei dettagli, in come tutto si incastra. Non è solo il telargiu a sezzere, che è un capolavoro di ingegneria in pero selvatico, ma ogni singolo strumento che gli sta attorno, che lo rende vivo.”

Mentre mi spiegava, i miei occhi seguivano la direzione della sua mano, posandosi su quegli accessori antichi, ognuno con un nome sardo che evocava gesti secolari. I "PETTENES", quei pettini in canna per i fili dell'ordito realizzati a mano prima del 1950, mi colpirono particolarmente.

Poi c’era la BOBINATRICE "FAECANNEDDOS", facente parte delle dotazioni originali. E l’ARCOLAIO "TROBETRAMA", costruito dal celebre Tiu Nannei ai primi del ‘900 e in uso presso il quartiere di Funtanaidda, spesso prestato in un sistema di mutuo aiuto chiamato manu torradas. Mi ha fatto toccare i "CANNEDDOS" in legno di sambuco, indispensabili per l'avvolgimento del filo destinato alla navicella, l'"ISPOLA".

Ma la commozione più grande arrivò quando mi mostrò i "FUSU", i fusi per la filatura della lana, gli stessi utilizzati da Tia MARIA ORRU fino al 1970. Toccando quei fusi, sentii quasi il peso della storia familiare che ci univa, il legame non solo tra me e Pinuccio, ma tra le nostre rispettive famiglie e l'antica arte di Tonara. L’immagine di quella donna che camminava per le vie del paese divenne improvvisamente vivida.

Sa fanuga, Gabriele,” riprese Pinuccio con un tono di orgoglio, “è il nostro pane. E con questo telaio orizzontale, noi continuiamo a tesserla. Non è solo un prodotto, è il filo ininterrotto della nostra identità.”

Proprio mentre stavo per congedarmi, il fratello di Pinuccio, che era lì con noi, si è offerto di accompagnarmi in una visita più approfondita.

“Gabriele, prima di andare, devi vedere la casa. Il telaio è solo una parte,” mi ha detto.

Così, prima di uscire dalla loggia, ho potuto visitare quella casa completamente restaurata. Non parlo di un rifacimento moderno, ma di un recupero filologico eccezionale: i legni, gli infissi, i tavolati... tutto era stato recuperato e consolidato esattamente com'era stato costruito più di centocinquanta anni fa. Entrare era come fare un salto indietro nel tempo.

Giorgio, il fratello di Pinuccio mi ha guidato attraverso le stanze. Mi ha spiegato la fatica e la cura con cui avevano trattato e riportato a nuova vita i materiali originali. Era chiaro che questa non era solo una dimora, ma una vera e propria casa-museo, un pezzo importante della storia locale.

La visita ha raggiunto il culmine nella parte più alta della struttura. Affacciandomi da una delle finestre, ho potuto ammirare una veduta incredibilmente suggestiva sulla vallata di Tonara. Lì, in quel punto panoramico, ho capito appieno l'importanza di questo luogo.

Ho subito pensato, e l'ho detto a Giorgio, che si dovrebbe recuperare e riscrivere la storia di questa casa, questo museo importante di Tonara. Non si trattava solo di conservare oggetti, ma di tramandare il contesto in cui l'arte della tessitura, e la vita stessa, si erano svolte.

Uscii dalla loggia, dalla piccola corte dove si nascondeva quel funnagu che un tempo ospitava i buoi, con un senso di profonda gratitudine e la certezza che avrei dovuto fare la mia parte, anche solo raccontando. La via Peppino Mereu non era più una semplice strada; era diventata il confine tra il presente e un passato incredibilmente vivo. Non avevo solo visto un telaio e una casa antica, ma avevo toccato la storia di un paese, Tonara, e il cuore battente di una tradizione che, grazie a persone come Pinuccio e suo fratello, si rifiutava di morire. E in quel rifiuto, c'era la promessa che l’autunno in Barbagia,  di quest'anno avrebbecontinuato a tessere storie per le generazioni a venire.

 


Su forru de su pane in "su Montigu": un'antica tradizione di Tonara.

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