sabato 11 ottobre 2025

SENZA DISTINZIONES CURIALES, DEVIMUS ESSERE FIZOS DE UN'INSIGNA: LIBEROS, RISPETTADOS, UGUALES. di Peppino Mereu

Di alusac eleirbag


 

Sono tornato  a  Funtana Idda La  chimo ancora così, anche se il tempo ha provato a sbiadire tutto, a riempire di silenzi e crepe i vicoli. Ma per me, questo odore di pietra antica, di terra bruciata dal sole, di salsedine portata chissà da quale vento lontano, è l'unico vero profumo di casa.

Salivo per la stradina   che porta su, in alto, dove la casa diroccata, appoggiata a quello di mio padre,  si staglia contro un cielo che non è mai cambiato. Non era solo una passeggiata, era un pellegrinaggio, un riavvolgere il nastro di una vita lasciata in sospeso.

Poi l'ho vista. Incisa nella roccia, quasi come una ferita guarita che ha lasciato una cicatrice d'oro. Una lapide, semplice, sotto i ruderi che sembrano reggere il peso di secoli di storia. L'ho riconosciuta subito. Quella grafia un po' ruvida, le lettere dipinte di un giallo intenso, non sbiadite dal sole, ma al contrario, rese più vive.

Mi sono avvicinato, il cuore che batteva forte come un tamburo di festa e malinconia insieme. Il verso di Peppino Mereu, scolpito lì dal 1978, come mi avevi raccontato tu.

"Senza distinziones curiales devimus esser, fizzos de un'insigna liberos, rispettados, uguales"

Ho letto ad alta voce, quasi per risvegliare le parole dalla pietra, per sentirle vibrare di nuovo nell'aria di questo paese. "Senza distinzioni di casta/classe sociale..." Ecco la chiave. Un'accusa, un grido di battaglia di fine Ottocento che è ancora oggi un monito, una speranza. Il poeta di Tonara lo sapeva bene cosa significava lottare contro le ingiustizie, i soprusi.

E poi le tre parole, come pilastri di un sogno non ancora compiuto: Liberos, Rispettados, Uguales.

Mi sono fermato. Ho posato la mano sulla pietra ruvida. Ho pensato a te, a tutti quelli che sono passati di qui e hanno letto questo verso, a quelli che l'hanno voluto incidere, lasciando un pezzo della loro anima. "Figli di un simbolo", di un popolo che vuole dignità e unità.

Non è solo una poesia; è un'eredità. È il sangue che scorre nelle vene di questa terra, la voce di chi non vuole e non deve chinare la testa. Ho sorriso. Forse è per questo che torno sempre, perché qui, tra le rovine e i sassi, trovo sempre la mia identità, il mio posto sotto "un'insigna" che non è bandiera né stemma, ma l'ideale di una libertà autentica.

La strada continuava a salire. Mi sono incamminato, ma ora non ero più solo. Sentivo il passo di Peppino Mereu al mio fianco, e il mio era più leggero. Liberos, rispettados, uguales.

Cosa ti ha lasciato questa frase la prima volta che l'hai letta qui a Funtana Idda?

La mano mi scivolò sulla pietra fredda, mentre le parole del poeta vibravano ancora nella mia mente: "Senza distinziones curiales devimus esser, fizzos de un'insigna, liberos, rispettados, uguales". Non era solo un verso sardo, non era solo la protesta di un'isola. Era un'eco, un sussurro potente che attraversava i secoli e i mari.

Mi ritrovai a pensare ai grandi ideali che hanno plasmato il mondo, e il richiamo mi colpì con la forza di una rivelazione: Peppino Mereu, poeta di queste montagne, non faceva che urlare in sardo i principi immortali della Rivoluzione Francese.

L'Eco della Libertà

La richiesta "liberos" non era una semplice aspirazione; era la traduzione pura di Liberté. Stavo leggendo, scolpito nella roccia di Funtana Idda, l'appello universale a scrollarsi di dosso il giogo, a vivere senza l'arbitrio di un potere imposto. Quella libertà che, nel 1789, aveva abbattuto le mura della Bastiglia, qui prendeva la forma della dignità contadina contro il sopruso del latifondo e delle caste.

Uguaglianza Senza Distinzioni

Ma fu soprattutto l'Uguaglianza a illuminare la frase. Il cuore del verso era tutto lì: "Senza distinziones curiales... uguales". Senza distinzioni di casta, uguali. Era il ripudio totale e assoluto dell'Ancien Régime, la stessa furia contro i privilegi che aveva guidato i rivoluzionari francesi ad abolire i diritti di nobiltà e clero



. La pietra mi parlava di una giustizia in cui ogni uomo e donna nasce e resta uguale nei diritti, un ideale talmente radicale, eppure così fondamentale, da non poter invecchiare mai.

La Fratellanza dell'Insigna

Infine, la Fratellanza. Mereu non usava il termine, ma lo invocava con "devimus esser, fizzos de un'insigna" e "rispettados". Non si può essere davvero liberi e uguali senza riconoscersi come fratelli, figli dello stesso destino e di un unico simbolo ideale. Essere "rispettati" significa non solo ricevere onore, ma essere visti con la dignità dovuta a un pari, in una solidarietà che è la vera essenza della Fraternité.

Quel mattone di pietra, sotto il sole della Sardegna, non era un monumento locale. Era un manifesto universale, un filo diretto teso tra la passione di un poeta sardo e gli ideali che hanno ridisegnato la mappa politica del mondo.

Ho respirato a fondo. Non stavo solo visitando un paese; stavo toccando con mano la storia delle idee. E in quel momento, mi sono sentito parte di qualcosa di immenso, un figlio anch'io di quell'insigna, come tutti quelli che hanno sognato e sognano un mondo più libero, rispettato e uguale.

Ho lasciato la lapide e ho proseguito la mia salita. La casa diroccata, lassù, non sembrava più solo un rudere, ma una sentinella che vegliava su quegli ideali.

 

 


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