Prima della seconda guerra mondiale, la vita a Tonara era diversa. Il nostro paese era diviso in quattro rioni: Arasulè, Iteri, Telise e Toneri. La maggior parte degli abitanti, come la mia famiglia, si dedicava alla pastorizia e alla campagna, seminando grano e orzo. C’erano anche tanti artigiani che lavoravano con le mani, da soli o in piccole botteghe.
C'erano i falegnami che costruivano mobili e finestre, i fabbri
che forgiavano attrezzi e chiavi, i maestri d’ascia che facevano i carri per i
buoi, i sarti che cucivano vestiti su misura e i calzolai. E poi c'erano i
produttori di campanacci, che facevano suonare le nostre greggi.
Artigiani e Boscaioli
I boscaioli tagliavano e segavano la legna. Con la legna di
leccio, per esempio, si faceva anche il carbone. Atterravano le piante di
castagno, e dai tronchi ricavavano le tavole per i mobili e i pavimenti. Dai
pali di castagno, invece, facevano i travi per i tetti delle case. Dalle querce
prendevano la parte leggera del legno per fare le traversine dei binari delle
ferrovie in tutta la Sardegna.
Quando i tronchi erano abbattuti in campagna, li tagliavamo con la
sega, alta quasi quanto un uomo. I "segantini" prima misuravano il
tronco per decidere lo spessore delle tavole, a volte tre o cinque centimetri,
poi infilavano la sega e uno tirava da sopra, l'altro da sotto.
C'erano anche i forni della calce e quelli per le tegole e i mattoni. I padroni dei forni più conosciuti erano i Signori Venturi, Tende Sotgiu, Pietro Cappeddu, Nanneddu Piras, Nocco e Nanneddu Piras. E per le tegole e i mattoni c'erano Simone Loche, Domenico Lacroix e i signori Contieri e Nocco Buono.
Per far funzionare questi forni ci voleva molta manodopera. Alcuni
preparavano la legna per la cottura, altri la portavano con i carri dalla
campagna. Anche le donne e le ragazze raccoglievano la legna, la mettevano in
un punto di raccolta e poi la caricavano sui carri per portarla al forno.
Donne, Mercanti e la Posta
Per preparare i torroni, non c'era gas, non c'erano combustibili. Le ragazze andavano a Montesusu a prendere le frasche di agrifoglio che i pastori avevano tagliato l'anno prima. Dopo che le pecore avevano mangiato le foglie, le ragazze le raccoglievano in fascine e se le mettevano in testa, sopra a un panno, per portarle a Tonara, cantarellando. C'erano anche molte donne che lavoravano la lana. Filavano il filato a gomitolo e lo preparavano per il telaio, tessendo lana sarda e altri tipi di lana. Facevano il "furesi" per la gonna del costume, il "cabana" e il manto per il pastore, e altri tipi di coperte per il letto d'inverno.
Gli ambulanti, invece, andavano con il cavallo e il carretto
coperto da un telo, girando per i paesi e le feste, vendendo i torroni e altre
cose, come le castagne e le noci.
In quei tempi non c'erano macchine per portare la posta dalla
stazione di Montesuso agli uffici postali di Tonara, che si
trovavano a Funtan'Idda, vicino a Su Montigu.. Per i
pacchi e il materiale postale, c'era un signore di Arasulè, Nicola
Soddu, che aveva un carretto trainato da due, a volte tre, asinelli. Noi
ragazzini lo guardavamo sempre con molta curiosità



