Di Peppino Mereu sentivo parlare dai grandi fin da quando ero giovane. Leggevo il libro del poeta e mi faceva molto piacere cantare quelle belle poesie in compagnia delle pecore; per me era un passatempo. Sentivo gli adulti parlare della sua provenienza e della sua vita. Lui era orfano di babbo e di mamma fin dalla prima gioventù e quasi per necessità dovette arruolarsi nell'Arma dei Carabinieri. Una volta congedato, si ammalò. A Tonara era conosciuto come un bravissimo poeta, perché si presentava anche a cantare nelle gare poetiche.
Un mio amico mi raccontava che suo padre, amico di Mereu, lo metteva sopra il cavallo e lo accompagnava alle gare poetiche, perché lui non poteva camminare. Nelle gare, gli altri poeti, vedendolo così come si era ridotto, dicevano: "Questo non può cantare, è quasi un uomo morto". Lui rispondeva in rima, con prontezza: "Anche se ti sembro un sacco di ossa, se ti pungo con lo sprone salti, fossi anche tu un fosso. Anche se ti sembra che sono malato, se ti pungo con lo sprone salti la porta".
Io ero sempre curioso di sapere come viveva e dove vivesse. La sua
ultima abitazione è stata in una stanza del municipio, nel
"comunale". Si era ritirato lì perché non poteva camminare e non
usciva mai fuori di casa. Quando si affacciava alla porta, chiamava i ragazzini
per qualche sua esigenza.


