Ricordo di aver visto
queste donne, le "giarrettiere", che facevano la sabbia, un'immagine
che viene richiamata anche in una poesia di Peppino Mereu. Il loro lavoro si
svolgeva a bordo strada, vicino a grandi cumuli di pietre.
Queste donne, spesso giovani ragazze, si sedevano a terra e
usavano una pietra piatta come base. Su di essa poggiavano le pietre più
grandi, che venivano frantumate in pezzi più piccoli. Con l'aiuto di una
forcella di legno, le tenevano ferme mentre le colpivano con una mazza. A volte
lavoravano in coppia, una accanto all'altra, e mentre picchiavano, cantavano
canzoni o "stornelli" per rendere il lavoro meno pesante.
Il loro lavoro veniva pagato "a cottimo", un tanto per
ogni mucchietto di sabbia completato. Quando la sabbia era pronta, un
"cantoniere" passava a spargerla sulle strade per la manutenzione.
Questo mestiere, fatto di fatica e manualità, scomparve quando a
Tonara iniziarono a funzionare i frantoi meccanici, che resero
il processo di produzione della sabbia più rapido ed efficiente.
