Quando ero un ragazzino, a scuola il maestro ci raccontava la
storia del fascismo, come si era formato e il potere che aveva. Eravamo
costretti a imparare canzoni del regime, come "Fischia il sasso"
e l'inno del piccolo balilla, e a esaltare Mussolini con la canzone "Duce,
Duce che non saprà mai morire".
I figli degli esponenti del partito fascista vestivano con la
divisa del piccolo balilla. Erano ben sistemati, con pantaloncini bianchi fino
al ginocchio, una camicetta con una cravattina nera e il berretto tipo fez. Le
guardie vestivano con pantaloni grigio-verde e camicia nera, mentre i più
grandi, i giovani fanatici e attaccabrighe, erano le camice nere.
Il Controllo e la Repressione
A
quei tempi, il capo dell'amministrazione era il podestà, che agiva per conto
proprio senza il consenso del consiglio comunale. A Tonara, le persone
contrarie al regime erano sotto il controllo della milizia fascista. Non
potevamo incontrarci per motivi politici e gli assembramenti erano proibiti
nelle piazze senza permesso.
Anche
i poeti nelle gare non potevano cantare temi che trattassero del regime.
Ricordo cantanti come Raimondo Piras e altri improvvisatori
che non si sono arresi alle condizioni repressive e hanno smesso di cantare
nelle gare finché il fascismo non è finito.
Le Tasse e i Privilegi
Il
regime aveva messo la tassa dei celibi per noi giovani, che
dovevamo pagare una volta compiuti i 25 anni e finché non ci fossimo sposati.
La tassa era di quasi 100 lire l'anno, che all'epoca era come un mese di
lavoro.
I
fascisti più sfegatati potevano arruolarsi nell'amministrazione, ottenendo
privilegi e aiuti dai soldati dell’esercito ed erano i più pagati. La divisa
dei soldati era grigio-verde con pantaloni a zuava e camicia nera. Il
comandante federale della milizia corrispondeva al grado di generale
dell’esercito.
