Il
mio sguardo di bambino non si soffermava solo sulle meraviglie, ma anche sul
lavoro che le rendeva possibili. Prima dell'arrivo della luce, a Tonara, il
tempo era scandito dall'acqua e dalla fatica. Vedevo il cambiamento accadere
giorno dopo giorno, nella fatica di uomini che sembrava non finire mai. L'acqua
di Osolí e Fontana Fredda, che scendeva dalla
montagna, non serviva solo a far girare i mulini, ma arrivava nelle case per
soddisfare le esigenze delle famiglie. In quella località venne costruito il
deposito per il paese e per costruirlo serviva Una sabbia preziosa. Ricordo
i carriolanti, che con i loro
carri trainati dai buoi, la trasportavano faticosamente. Partivano dalla valle
di S'Isca e salivano per
ore, un metro dopo l'altro, fino a mille e duecento metri di altezza. Era un
viaggio lungo e faticoso, ma necessario per costruire il deposito dell'acqua
della montagna. Nonostante la fatica, la loro devozione era palpabile.
Quei
mulini erano il cuore pulsante del nostro territorio, un luogo dove i ruscelli
si trasformavano in forza e sostentamento. Non erano solo ad Arasulè, dove abitavo io, ma anche
a Toneri, a Teliseri, a Ilala, in ogni angolo del paese. Ogni famiglia aveva un mulino di
riferimento. La nostra, la nostra era zia Sirinia, che aveva il suo mulino nel
campo di Murusé. Non era solo un luogo dove macinare il grano, ma era un punto
di incontro, un luogo di scambio. Si andava al mulino per lavorare, ma anche
per parlare, per sentire le ultime notizie, per scambiare due chiacchiere con
le altre persone che, come noi, portavano il loro raccolto.
Ricordo
ancora bene l'odore della farina appena macinata, un profumo che si mescolava
all'odore di terra bagnata e di legno. Quando la mamma, Maddalena, mi mandava
con un sacco o tre quarti di grano, la piccola borsa che mi dava era a volte
pesante per le mie mani di bambino, ma l'orgoglio di portare a termine un
compito così importante mi faceva sentire grande. In quei momenti, osservavo i
mulini che con le loro pale di legno giravano senza sosta, mossi dalla forza
inarrestabile dell'acqua. Era uno spettacolo ipnotico, che ti faceva pensare a
quanto la natura fosse potente e generosa
.
Il mulino
di Muruse. Questo ricordo è ancora vivo
in me, ho scritto anche una poesia, lo voglio io raccontare: al mulino di acqua
di Moruse portavamo il frumento per macinare.
Le donne, erano in gran parte di Arasule , era un viavai in lungo andare con i sacchetti nella testa andavano a piedi pieni di grano senza riposare vicino al Rio. C’era la macchina che macinava sempre di continuo e l’acqua riforniva di energia.La padrona del mulino si chiamava tia Sirina, macinava di continuo orzo e grano. La sua vita era tutta concentrata nel mulino.
